ESCLUSIVA PSB – Cioffi: “Mantova mi sorprese, ecco perché. Basi solide, il salto in B non sarà sofferto”
L'ex allenatore del Mantova in esclusiva ai nostri microfoni
Tra le tante parole che accompagnano e sublimano la gioia provata da Mantova e dal Mantova in queste giornate festose – a detta di chi scrive – una meglio iberna nell’eternità il significato del ritorno in Serie B: resilienza. La scelta si presenta quasi come spontanea, perché due fallimenti negli ultimi quattordici anni – e altrettante rinascite – certificano come quella lombarda sia una piazza temprata dagli eventi eppure inscalfibile in termini di fiducia, speranza, amore per i propri colori. Nella storia recente dei Virgiliani un posto – e tanti ricordi a esso connessi – spetta a Renato Cioffi, allenatore dei biancorossi nel campionato di Serie D 2017/2018, raggiunto in esclusiva dalla nostra Redazione.
Mister, il “suo” Mantova è tornato in B.
“Sono felicissimo. Ho avuto il piacere di conoscere il sindaco e vivere una città stupenda in tutte le sue sfaccettature. Sono campano, e nella mia terra il calcio viene vissuto a 360°, con notevoli picchi emotivi sia nella vittoria che nella sconfitta. Forse esageriamo, ma viviamo tutto con grande intensità: ecco, Mantova mi è sembrata – a livello calcistico – una città del sud, e questo mi ha stupito. La squadra viene vissuta H24, una dinamica che mi sorprese, in quanto al nord non è sempre così. La pagina di calcio appena scritta è stata storica: in una stagione dalla retrocessione in D alla promozione in B. Ogni lunedì mi fa piacere andare a vedere cos’è successo in tutte le squadre che ho allenato o nelle quali ho giocato, e tra queste c’è il Mantova. Ho ancora tanti amici lì, ai quali ho promesso una visita quanto prima. C’è stato un momento, del recentissimo passato, che mi ha colpito: le prime parole del presidente Piccoli dopo la retrocessione, poi evitata, della passata stagione. Non fu drammatico, anzi, caricò l’ambiente sottolineando le intenzioni propositive nel caso in cui ci fosse stata la possibilità di riammissione. Dal desiderio di un buon campionato si è addirittura arrivati alla promozione, avendo la meglio contro compagini dai budget più importanti come Padova o Triestina”.
L’annata 22/23 era terminata con una spiacevole retrocessione, cancellata dalla riammissione in C dovuta al fallimento del Pordenone. Com’è motivabile una simile ascesa?
“A breve farò un riferimento forse non proprio appropriato, ma il tema riguarda le motivazioni: di solito, quando si tocca il fondo, è inevitabilmente più semplice poter fare meglio piuttosto che fare peggio. È un po’ – ecco quanto accennavo – come quando l’Italia vinse il Mondiale nel 2006: la situazione del nostro movimento era tragicomica, eppure riuscimmo a vincere il Mondiale. La spinta più forte c’è nei momenti maggiormente complicati, ed è questo che è accaduto a Mantova. Detto ciò, la società ha mostrato di avere idee chiare, il presidente ha scelto gli uomini giusti: un DS giovane, che a sua volta è stato bravo a puntare su Possanzini come comandante della nave, un tecnico giovane, con un’esperienza importante da calciatore. Si è creata, dunque, la giusta alchimia. All’allenatore va dato il merito di aver plasmato un gioco dominante, con le idee al centro, in grado dunque di portare risultati importanti”.
Dalla retrocessione alla promozione, con queste magnifiche modalità, in una stagione: è errato dire che anche questa gioia così grande va gestita, in quanto il salto è stato senza alcun dubbio immenso?
“L’osservazione è giusta, ma non credo che sia il caso del Mantova. Parliamo di un club storico, non sarà la prima volta in cadetteria. Le basi sono solide, e a mio avviso già da qualche settimana, se non da mesi, è stato preparato il grande salto. Ovviamente ciò non veniva detto perché mancava l’ufficialità, ma quando si hanno 9-10 punti di vantaggio determinati ragionamenti cominciano a essere fatti. L’ambiente già conosce la categoria, non credo che ci saranno difficoltà nella gestione del salto”.
Mantova è stata una delle sue esperienze fuori dalla Campania, e quell’annata – la 17/18 – terminò in semifinale playoff contro l’Arzignano di Vincenzo Italiano. Quando le viene chiesto di parlare di questa piazza, la sua voce e le sue parole hanno una luce differente. Cosa le ha lasciato questa realtà?
“Hai letto bene la questione, ma non è una cosa che riguarda solo Mantova. Ci sono state piazze in cui non sono arrivati risultati, perché è un’eventualità che si può presentare per varie ragioni, eppure sono ben voluto. Come allenatore magari sarò scarso, ma sono una persona dritta, seria, dunque dico sempre che mi rimpiangono quando vado via. L’educazione e il rispetto, per me, vengono al primo posto, e quando ciò viene recepito ricevo tanto affetto. A Mantova ho lasciato ottimi ricordi, così come a Sorrento, dove sono l’allenatore più vincente nella storia del club, ma – come dicevo – anche in piazze dove sono stato poco, come a Rimini, ho tanti amici. Conta come una persona si pone. Tonando all’esperienza con il Mantova, ci fu una serie di eventi particolari: arrivai dopo il fallimento della società, alcune persone di Cesena e Mantova, che mi conoscevano dai tempi della mia parentesi con il Bellaria, decisero di puntare su di me dopo aver rifondato il club. Non potevo rifiutare un simile incarico. Partimmo in ritardo perché aspettammo il ripescaggio, non fu semplice. Ricordo il ritiro di cinque giorni a Cagli, c’erano otto calciatori ma mancavano palloni e casacche, una cosa assurda. Ad agosto qualcosa cominciò a cambiare, arrivò qualche giocatore e costruimmo la rosa. L’inizio non fu buono, con tre sconfitte nelle prime tre giornate, ma tutto era abbastanza complicato, non a caso a settembre erano ancora in corso i provini per gli under. La gente ha capito, ci è stata vicina e abbiamo iniziato la nostra rincorsa, a tal punto ci siamo ritrovato a due punti dalla Virtus Verona prima in classifica, poi vincitrice del campionato. C’erano squadre come il Campodarsego e l’Arzignano di Vincenzo Italiano, quest’ultima a mio avviso la più forte, ma a novembre la società si accorse di non aver fatto bene i conti, perché complici dei soldi da mettere a fondo perduto per l’iscrizione, che loro forse ignorarono, il budget per la squadra venne a mancare, dunque mandammo via dieci calciatori. Tutto sembrava finito, non potemmo più lottare per il campionato e io ancora oggi sono sicuro – i tifosi lo sanno – che con quella squadra avremmo potuto vincere il girone. Nonostante la piega negativa, ricostruimmo la rosa e riuscimmo comunque a chiudere al quarto posto, per poi cadere ai playoff contro l’Arzignano. Mi fu detto che il primo anno sarebbe stato di transizione, per poi raggiungere nel successivo triennio il professionismo, ma la società vendette. Fu un grande dispiacere, stavamo facendo un ottimo lavoro”.
Il suo Mantova era una squadra davvero interessante, con giocatori dalla comprovata storia e dall’indiscutibile valore. Tra questi è inevitabile menzionare il centrocampista argentino Lucas Correa, prodotto del settore del Rosario Central, con un passato nell’Argentina Under 17, dove ha condiviso lo spogliatoio con Tevez, Mascherano, Zabaleta e Maxi Lopez. Com’è stato allenarlo?
“Un ragazzo davvero serio, che sotto l’aspetto atletico e del carico di lavoro ho dovuto gestire perché è venuto a Mantova già con tantissime partite a rimpolparne la carriera. Era davvero disponibile, è stato il nostro Capitano e ha dato tutto quello che poteva, sia come spirito che come numeri, perché segnò nove gol in 28 partite. Non posso che ringraziarlo, è stato un esempio per i suoi compagni, soprattutto per i più giovani. Un grande professionista, davvero. Menziono un’altra storia di quella stagione, con protagonista è Gabriel Debeljuh, attaccante classe ’96 che veniva dal settore giovanile del Torino ed era reduce da una stagione, la prima tra i professionisti, a Piacenza. Non era molto solido mentalmente, perché comunque si ritrovava in Serie D nonostante ben altre ambizioni, ma riuscimmo a recuperarlo. Ora gioca nel Sepsi OSK, Serie A rumena, ma nel recente passato ha avuto modo di calpestare il palcoscenico delle coppe europee, avendo giocato le qualificazioni di Champions League, così come l’Europa League, dove ha sfidato la Roma, e la Conference League. Averlo rimesso in sesto è stata una grande soddisfazione”.