Ascoli, Leali: “Da fine dicembre è cambiato qualcosa all’interno del gruppo. Siamo in piena corsa per la salvezza. Idoli? Dida e Buffon”
LEALI ASCOLI – Il numero 1 del Picchio, Nicola Leali, fresco di rinnovo con l’Ascoli, si è raccontato a 360 gradi nel quinto numero di “Passione Ascoli Magazine”. Ecco un estratto delle sue parole, riportate da picenotime.it: “Sono di Cavriana, un paese piccolo di quasi 4000 abitanti, nel mantovano. E’ da un po’ che non […]
LEALI ASCOLI – Il numero 1 del Picchio, Nicola Leali, fresco di rinnovo con l’Ascoli, si è raccontato a 360 gradi nel quinto numero di “Passione Ascoli Magazine”. Ecco un estratto delle sue parole, riportate da picenotime.it:
“Sono di Cavriana, un paese piccolo di quasi 4000 abitanti, nel mantovano. E’ da un po’ che non torno a casa dai miei. A 7-8 anni nel Cavrianponti mi schieravano anche a centrocampo, ma capitava spesso che mancassero i portieri e quindi iniziai a giocare solo in porta. Mi allenava Sergio Girardi, un ex portiere. Dal Cavrianponti sono andato alla Voluntas, un club collegato al Brescia Calcio, che in quel periodo non aveva una scuola calcio per under 10. Roberto Clerici era allenatore e Presidente della Voluntas, la società in cui sono passati anche Pirlo e Bonera. Fu lui a segnalarmi al Brescia e a 14 anni iniziai l’esperienza nel settore giovanile“.
Capitolo Covid. “Quando mi hanno detto che ero positivo, in uno dei tanti controlli di squadra, non ho avuto paura, fortunatamente ho avuto febbre e un forte mal di testa solo per una notte e poi la perdita di gusto e olfatto che accomuna quasi tutti i positivi. Il problema è stato il non riuscire a negativizzarmi, quindi per 21 giorni sono stato chiuso in una stanza”.
Sulle sue esperienze sportive. “Dopo l’esperienza nel Brescia, mi acquistò la Juve, era la stagione sportiva 2012/13, feci il ritiro estivo e da lì iniziai ad andare in prestito cambiando ogni anno squadra, Lanciano e Spezia in B, Cesena e Frosinone in A. Poi le esperienze all’estero con l’Olympiacos e lo Zulte Waregem prima di rientrare in Italia a Perugia e Foggia. L’estero era una opportunità che ho colto, c’era la possibilità di giocare le competizioni europee e questo mi aveva allettato, ma poi a livello umano ti rendi conto di quello che hai in Italia. Tornando alla Juventus, dico che lì c’è un mondo a sé, ti colpisce l’organizzazione e il fatto che non si lasci nulla al caso. Molto alto è anche il livello degli allenamenti, è lì che ho incrociato Padoin. L’etichetta giovanile di “nuovo Buffon”? Non mi è mai pesata, anzi, quando sei giovane fa anche piacere essere accostato a uno come lui, fermo restando che Buffon è Buffon. Quello era il periodo in cui qualsiasi giovane veniva etichettato come “nuovo Buffon”, ma è chiaro che il paragone non regge, lui ha fatto la storia, rappresenta l’olimpo dei portieri, è rimasto ad un livello altissimo per oltre 20 anni”.
Idoli? “Dida e Buffon su tutti. Il primo era uno molto calmo, poi diventato decisivo nel Milan. Buffon mi piace per il suo carisma, da vent’anni è fra i top tre al mondo, dimostra la sua continuità. Oggi il calcio è cambiato, il portiere deve saper usare anche i piedi, deve saper alternare la fase di costruzione a quella di difesa della sua area. Una volta i portieri erano matti veri, estroversi, sopra le righe, ora sta succedendo un po’ il contrario secondo me, siamo più solitari, un portiere ha un carattere a parte, durante la gara è solo con la sua mente. Inoltre sa cosa vuol dire commettere un errore grave e dover reagire immediatamente per non compromettere la gara. In generale la considerazione dei giovani all’interno di una squadra è cambiata molto. Ai miei tempi un giovane rispettava di più, era “costretto” ad essere più silenzioso, ad osservare per capire meglio le dinamiche di spogliatoio, che poi sono le stesse dinamiche di vita. Oggi invece i giovani sono presi più in considerazione fin da subito. Questo spesso avviene perché un giovane può diventare importante per una società ai fini della futura rivendita, ma può succedere che, se gli fai capire che può essere una pedina importante della squadra, finisca per sentirsi già forte”.
Sulla lotta salvezza dell’Ascoli. “All’inizio della stagione c’è sempre la speranza che sia un anno positivo, ma alla fine è evidente che abbiamo avuto difficoltà fin dall’inizio. Da fine dicembre in poi è cambiato qualcosa all’interno del gruppo, la rosa si è rinforzata e siamo in piena corsa per la salvezza. Sappiamo bene che dovremo lottare fino alla fine, non sarà facile, ma abbiamo la possibilità e la voglia di raggiungere l’obiettivo. Rispetto allo scorso anno è una situazione diversa, nella stagione precedente il calo c’è stato nel girone di ritorno, poi ci fu il lockdown; quest’anno il trend è stato sempre quello. In queste situazioni la forza del gruppo è determinante, giocare quando occupi una difficile posizione di classifica è più complicato. A noi “vecchi” tocca il compito di responsabilizzare i giovani e di aiutarli, far capire il momento, ma non farglielo diventare pesante. Per il prosieguo di questo campionato serviranno sia l’esperienza che la freschezza dei più giovani”.