Como, Longo: “Col bel gioco in situazioni critiche rischi grosso. Avete visto Andreazzoli?”
L'allenatore risponde alle accuse di difensivismo
L’allenatore del Como Moreno Longo ha rilasciato una lunga e interessante intervista a La Provincia di Como, incentrata sulla proposta e le idee della squadra lariana.
“Nessun modulo fisso? Questa è l’evoluzione del calcio moderno. Si cerca di utilizzare più moduli nella stessa partita. Quando si è infortunato Solini abbiamo perso un grande interprete della difesa a quattro. Per me lui e Odenthal sono i più adatti a giocare a quattro. Ora con Scaglia e Binks, meglio a tre. Io nel Torino ho vinto con la Primavera giocando 4-3-3 o 4-2-4. Non era scontato.
Ho spesso ereditato costruzioni fatte da altri a cui mi sono adattato. Non bisogna essere integralisti, ma cercare la soluzione migliore per quello che si ha in mano. A Vercelli ho fatto il 3-5-2, a Frosinone e Alessandria il 3-4-1-2 o il 3-4-2-1. Questa squadra non ha un trequartista specifico. Sono tutti adattati. Abbiamo cercato altre soluzioni. E poi Ioannou va meglio a fare il quinto o il quarto del 3-4.
Da Cunha mi ha impressionato per come si sacrifica in fase di non possesso, che per un giocatore offensivo come lui non è scontato. Chajia sta meglio e sta scaldando i motori. È un esterno ma addirittura per me può essere anche una seconda punta. Si scelgono i giocatori in base alle situazioni e alle caratteristiche del match. Fabregas è strepitoso, solo che in alcune partite serviva meno palleggio. Con lui o Baselli, o tutti e due, centrocampo a tre. Senza, centrocampo a due.
Ho sempre detto come quello delle palle inattive fosse un problema di applicazione e concentrazione. Detto questo, siamo passati dal difendere a uomo al difendere a zona e poi a un castello misto, in cui difendiamo a zona ma con una marcatura a uomo. Forse però il segreto è stato un altro: i 500 cross al giorno che facciamo a Mozzate. I difensori uscivano dal campo con i bernoccoli…
Non sono uno social. Passo già abbastanza tempo al computer per studiare soluzioni, che poi stacco. Nel nostro mestiere bisogna avere una corazza e la capacità ogni tanto di staccare. Nemmeno un manager di una multinazionale ha il budget settimanale come abbiamo noi allenatori che ogni domenica abbiamo un bilancio.
Io credo che per venire fuori dalla situazione dove si trovava la squadra, servisse equilibrio. Se pretendi di fare bel gioco, il giochista, rischi grosso. È una B difficile, equilibrata. Serviva praticità. Rivendico la scelta. Visto Andreazzoli? Sul fatto che lui sia un super allenatore, non ci sono dubbi. Però bisogna avere il materiale umano per mettere in pratica certe idee.
Io credo che la mia Pro Vercelli nel girone di ritorno e il mio Frosinone della promozione giocassero molto bene. Un bel calcio. E se vedete i numeri, sono da squadra offensiva. Ma devi fare scelte nel presente. Intelligenti. Qui non bastava la bacchetta magica. Ci sono voluto mesi per sistemare le cose. Piccoli passi e testa sulle spalle.
Io ho sempre iniziato le avventure sportive con l’idea di fermarmi. Mi piace costruire nel tempo. Mi piacerebbe restare. Venivo da una retrocessione, ma con l’Alessandria siamo retrocessi con la stessa squadra che giocava in C. Come se l’anno scorso il Como avesse giocato senza Cerri, Gliozzi, La Gumina, Vignali, Ioannou… Non facile. Detto questo, eravamo salvi quando ci ha condannato un gol segnato su un altro campo, tipo credo al 18’ minuto di recupero.“
Como, salvezza o playoff? Il pensiero di Longo
“Questa piazza la conoscevo anche da avversario. Mi ha colpito la maturità dei tifosi. Ci hanno sempre sostenuto anche nei momenti più bui e quando sono venuti a parlarci, hanno mostrato buon senso. Erano arrabbiati, ma ci parlavano non per rompere, ma per fare quadrato. Una mentalità giusta. Il compito, vista la situazione, era salvarsi. Solo quando avremo raggiunto l’obiettivo, si potrà parlare di altri discorsi. Qui resta sempre dura.”