Brescia, Marroccu: “Non sento di essere sceso di categoria, sarò sempre riconoscente a Cellino”
MARROCCU BRESCIA MARROCCU BRESCIA – Il nuovo ds del Brescia Francesco Marroccu si è presentato alla stampa mediante una conferenza. Ecco le sue parole, raccolte da TMW: Quali sono le sue prime sensazioni? “Fossi un po’ sveglio, chiuderei la conferenza dopo le parole del presidente: quello che ha detto è ciò che cercavo in questi due anni e mezzo […]
MARROCCU BRESCIA
MARROCCU BRESCIA – Il nuovo ds del Brescia Francesco Marroccu si è presentato alla stampa mediante una conferenza.
Ecco le sue parole, raccolte da TMW:
Quali sono le sue prime sensazioni?
“Fossi un po’ sveglio, chiuderei la conferenza dopo le parole del presidente: quello che ha detto è ciò che cercavo in questi due anni e mezzo di esilio da Brescia. Siamo due persone molto simili. Sono legato a lui da riconoscenza, affetto, e adesso posso dirgli di volergli bene. Ma nel lavoro non ci facciamo sconti, ognuno di noi cerca di superare l’altro. Probabilmente questo ci ha tenuti uniti in questi anni. Il resto lo dirà il tempo, la storia: è l’ultimo passaggio calcistico che farò lontano da lui, probabilmente. Questo è il mio intento. Non ho trovato una situazione critica, ma una società molto organizzata: dal direttore generale a quello della comunicazione, l’area marketing… È una società prestata alla Serie B, con un centro sportivo per pochi. In fondo alla sala stampa ci sono le persone con cui parlerò in questi giorni: Botturi, Zanardini e Migliorati. Lavoreremo in team come il presidente ha sempre voluto. Squadra e allenatore stanno benissimo”.
È una continuazione o una ripartenza?
“Una continuazione, anche per come sono stato accolto. Mi piace molto la città. Quando Cellino mi scelse lo fece perché Brescia è una piazza strategica: vedo le potenzialità anche di una scelta professionale, e a volte fare un passo indietro ti consente di farne due avanti. Non mi sento di essere sceso di categoria, ma mi sento gratificato”.
Che Serie B ritrova?
“Una Serie B molto competitiva. L’inizio del campionato del Brescia è stato secondo me straordinari. Eredito una classifica ottima, ritrovo un Brescia costruito per fare un campionato di vertice. Dobbiamo toglierci il verbo ‘dobbiamo andare in Serie A’ e dobbiamo trasformarlo in ‘vogliamo’. Anche se arrivo dalla Serie A mi sento l’ultimo dei direttori sportivi della B: dobbiamo essere umili, e questo lo deve respirare anche l’ambiente. Non si può gridare al disastro per due sconfitte di fila in B, dopo una partenza straordinaria. Eredito una situazione che non era preventivabile: non pensavo nemmeno mi prendesse il presidente. Dobbiamo dare serenità. Tutta Brescia va in A, non possiamo avere dei nemici in casa: arrivano sabato, i nostri nemici”.
C’è voglia di rivalsa personale? Quali furono i segreti dell’ultima promozione?
“Dobbiamo dimenticare quella promozione. Così come Inzaghi deve dimenticarsi il Benevento, io il Genoa. Questa è un’altra storia, non bisogna mai vivere di ricordi: nel calcio oggi è già ieri. Bisogna costruire pezzo per pezzo, dimentichiamo una promozione che fu eccezionale, non programmata. Se non provassi in questo lavoro la voglia continua di migliorarmi non potrei farlo. Vengo perché mi piace provare a fare qualcosa insieme a tutti”.
Ritrova un club migliorato.
“Ci cambiavamo in un oratorio. Questo è decisamente un bel centro, qui è facile lavorare: non capita nemmeno in Serie A. Questo è il modo di lavorare del presidente: non è una società di passaggio, ma una società che programma. Una volontà di vincere per durare, non per fare la fiammata”.
Ci spiega meglio il passaggio in cui dice che questo è stato l’ultimo passaggio lontano da Cellino?
“Dopo Cagliari ci siamo lasciati perché era un anno particolare, il presidente aveva avuto tante vicissitudini. Dal Leeds ci separammo bruscamente, dopo un anno mi richiamò e mi disse che senza di lui non avrei potuto far calcio, e che senza di me non poteva lavorare. Pasini rispettò un patto che avevamo e mi lasciò andare a Brescia. A maggio me ne ha fatta un’altra di telefonata, molto simile: ora abbiamo talmente ampliato le differenze, anche nel dolore, che sarà difficile separarsi”.
Si aspettava questo attestato di stima?
“Al 70% no. Le parole che ha detto sono quelle che, da uomo, io cercavo. Ci incontreremo quando avremo ottanta anni e sarà bello ricordare queste cose: dal punto di vista lavorativo gli devo tutto. La riconoscenza non è a tempo e non è subordinata a nulla: se faccio questo lavoro è perché soltanto un presidente genialoide poteva affidarsi ad un direttore sportivo dilettante e affidargli il Cagliari. Io entro nel Cagliari come segretario generale sportivo: passavo le notti a studiare le NOIF. Poi ho fatto il team manager, poi direttore generale: mi faceva fare tutti i ruoli tranne quello che volevo, poi arrivai a fare il d.s. Per me è stata una formazione impagabile: tutte le volte che mi ha chiamato per andare a lavorare con lui ho risposto presente perché la riconoscenza, secondo me, non è a tempo”.