Salernitana, Micai: “Sogno la Serie A da capitano di questa squadra”
MICAI SALERNITANA SERIE A – Alessandro Micai, ventiseienne portiere e punto fermo della Salernitana, si racconta durante il consueto appuntamento social promosso dalla sua squadra. «Mi piacerebbe lasciare un segno importante a Salerno e diventare un simbolo per la gente. Il mio sogno è quello di portare questa squadra in Serie A e, perché no, […]
MICAI SALERNITANA SERIE A – Alessandro Micai, ventiseienne portiere e punto fermo della Salernitana, si racconta durante il consueto appuntamento social promosso dalla sua squadra.
«Mi piacerebbe lasciare un segno importante a Salerno e diventare un simbolo per la gente. Il mio sogno è quello di portare questa squadra in Serie A e, perché no, di farne anche il capitano. Salerno è il mio presente. In futuro, qualora mi venisse chiesto qual è il mio ricordo più bello, spero di poter rispondere: la promozione nella massima serie. Di Salerno mi piace tutto: dalla città alla gente, si vive bene. Ho avuto un periodo difficile, di adattamento, ma in questo secondo anno mi sono ambientato alla grande anche grazie all’affetto della gente.Questa è una maglia prestigiosa, ma non mi riferisco ai trofei vinti, quanto piuttosto all’affetto che la gente prova per essa. Questo è uno stadio molto caldo, l’ho vissuto anche da avversario e al tempo mi impressionò molto. I miei cori preferiti sono “State attenti che” e “Urlando contro il cielo”. Il ricordo più brutto che ho con questa maglia è sicuramente l’autogol contro il Benevento. Tra i più belli invece c’è la finale play-out contro il Venezia e il debutto in casa contro il Palermo davanti a 20 mila persone. Con tutti i ragazzi ho un bel rapporto. Abbiamo formato un gruppo molto compatto. Qualche difficoltà in più riscontro invece con il dialetto salernitano. Fino ora – ride – so pronunciare solo le parolacce. La partita per me equivale ad essere l’esame della settimana. Affrontare gli allenamenti bene, ti consente di arrivare all’esame preparato. Il mister è molto bravo sotto il profilo tattico. Riesce ad analizzare, sempre, a trecentosessanta gradi la quadratura delle squadre avversarie. Così facendo noi scendiamo in campo sempre molto consapevoli di cosa ci aspetterà. Sono sempre stato attratto dal ruolo del portiere anche se da piccolo volevo fare l’attaccante. Avendo papà e zio portieri ho deciso di giocare in questo ruolo. Perché indosso la numero 12? In B ho debuttato con la 12. Davanti a me avevo due portieri di livello. Da quel giorno ho deciso che quel numero facesse per me, lo porterò sempre avanti. Il mio idolo? È e sarà sempre Gianluigi Buffon. Un grande portiere italiano. Nel 2006 avrebbe meritato il pallone d’oro. In questo momento di quarantena sono in costante contatto con la mia famiglia, loro abitano nella provincia di Mantova. Sento al telefono tutti i giorni le mie due nonne, loro mi chiedono costantemente di Djuric – ride. Il mio paese, fortunatamente, è stato subito isolato, grazie alla bravura del sindaco. Percepisco però il timore che stanno avvertendo. E’ importante che tutti noi – conclude – facciamo il sacrificio di restare in casa, solo così ne usciremo».