Bari, Novakovich: “Il gruppo è fantastico, siamo tutti ambiziosi. Idolo? Ibra”
Le parole dell'attaccante statunitense
Novakovich, attaccante del Bari ha parlato ai canali ufficiali del club biancorosso. Ecco le sue parole, riportate da pianetabari.com:
Sui primi mesi a Bari: «Stanno andando bene, ci troviamo bene con la mia famiglia. Andiamo avanti e speriamo di continuare a giocare così, i risultati arriveranno. Il gruppo è fantastico, dal primo giorno in cui sono arrivato mi sono buttato dentro. I ragazzi son tutti bravi, ci diamo una mano tutti e se serve qualcosa c’è qualcuno che ti aiuta e che ti può dare qualche consiglio. Il mister vuole che gli attaccanti facciano gol (ride, ndr)».
La responsabilità di giocare a Bari: «Siamo tutti consapevoli di che piazza sia, che tifoseria c’è e cerchiamo di dare tante emozioni positive. Siamo tutti ambiziosi perché altrimenti si rimane sempre piatti, giochiamo per fare bene. Ogni giorno bisogna essere sul pezzo come un martello, perché il calcio non si ferma per nessuna e alla fine vieni premiato».
Novakovich ha parlato de suo trasferimento in America: «I miei genitori e i miei nonni si sono trasferiti in America dalla Serbia, ma io e i miei fratelli siamo nati lì in America però con una cultura europea e serba. Mi è stato raccontato quanto è stato difficile dopo la guerra, abitavano sotto una singola casa in 20 o 30. È tutto diverso rispetto ad ora, ai tempi la gente era più disponibile a dare una mano. Per fortuna c’è una bella comunità della ex Jugoslavia, per loro è stata dura e per fortuna hanno fatto di tutto per rendere facile la nostra vita. Nella nostra squadra abbiamo Simic croato e io e Radunovic serbi. Siamo sempre insieme e parliamo la stessa lingua e stiamo sempre insieme».
Ancora sulla sua cultura: «Sono cresciuto in questa cultura un pò europea con mio padre che guardava il calcio e mi insegnava come si gioca, tutte le cose che so vengono da lui. Non ho mai pensato perché gioco a calcio, era una cosa normale nella nostra famiglia e ci giocavano anche i miei cugini. Nelle scuole americane c’era poco calcio ma abbiamo giocato anche ad altri sport. C’è una bella cultura in America: i bambini provano tutti gli sport e poi quando cresci se vuoi fare sport scegli il tuo lato. A 15-16 anni dovevo scegliere tra basket o calcio, ero tra i più piccoli e ho scelto calcio. Volevo giocare in porta, poi sono stato messo difensore centrale, poi mezzala, poi play in mezzo al campo e poi sono arrivato centravanti».
Novakovich parla dell’esperienza in nazionale: «È stata un’esperienza bellissima, è stata una scelta difficile perché ho i genitori serbi. È stato un orgoglio per me essere convocato dalla Nazionale americana. Il mio idolo è Ibra, è stato un giocatore che mi è sempre piaciuto ma ce ne sono tanti. Son cresciuto guardando la Premier in Inghilterra, tifavo l’Arsenal di Henry e Bergkamp».
Novakovich parla di come è arrivato in Europa: «A Chicago mi sentivo già un calciatore, anche se non giocavo ancora in un club professionistico. In America il sistema non è come in Europa con i settori giovanili, era una società grande ma dopo i 17 anni o lavori o fai l’università. Io giocavo per divertimento, poi uno scout della nazionale americana mi ha visto e mi ha portato lì. Sono andato in Giappone per una tournée con loro e da lì ho ricevuto delle offerte, tra cui una prova di due settimane in Inghilterra. Ho iniziato col Fulham, ma non mi vedevano. Sono andato al Reading e mi hanno subito offerto un contratto. Ero contento, sebbene le difficoltà nel trasferirsi in Inghilterra. Ho una zia che per me è una seconda mamma che vive a Oxford ed è stata fondamentale per la mia carriera. È stato difficile staccarsi dalla mia famiglia, ma grazie a lei e ai miei cugini ho potuto fare il calciatore».
Sul Reading e il suo arrivo in Italia: «Al Reading ho avuto Staam, che mi ha consigliato di andare in Olanda per far vedere chi ero e giocare con tranquillità. Sono andato lì per 2 anni e sono stato benissimo, ho fatto bene in un calcio che per gli attaccanti è molto divertente. Dopo qualche settimana il mio procuratore mi chiama dicendo che Alessandro Nesta, allora tecnico del Frosinone, mi voleva parlare. Ero quasi in stato di shock. Ci ho parlato, lui mi diceva le sue idee di calcio e come potevo entrare nel loro progetto. Ci ho pensato poco nello scegliere, visto che se ti chiama Nesta devi solo correre (ride, ndr)».
Novakovich conclude parlando della cultura italiana: «Mi piace molto la cultura, il cibo. A noi piace questo mood più tranquillo, mentre in America le cose si fanno molto più velocemente. Ho quella tranquillità nella testa che ti permette di scoprire quali sono le cose importanti della vita. Quando ho iniziato questo viaggio ero giovane, volevo solo giocare. Ora che ho una famiglia ho molte più responsabilità. Il mio sogno è fare bene nel mio lavoro e che la mia famiglia stia bene. Cose semplici…».