Garbato, ma non troppo – Il Parma sta sprecando ancora una volta il suo potenziale
Mr Hyde sta lentamente cannibalizzando Dr Jekyll
Prestazioni sontuose sul piano del gioco e dell’atteggiamento, altre agghiaccianti per mancanza di compattezza e applicazione: il Parma 2022/23 targato Fabio Pecchia ha due facce ed è la classifica a raccontare che quella tutt’altro che convincente sta progressivamente soppiantando la seconda. Nonostante un organico importante e un allenatore reduce da una promozione in Serie A, la compagine ducale occupa adesso la decima posizione in classifica dopo aver vinto un solo match sugli ultimi 5 di campionato disputati. Uno scenario infelice su cui aleggia lo spettro del secondo anno di Serie B consecutivo concluso senza neppure disputare i play-off.
Eppure in seguito alle prime apparizioni stagionali nessuno si sarebbe aspettato tale situazione. La squadra appariva difensivamente troppo fragile e pativa un numero abnorme di infortunati, ma riusciva a mostrare un’idea offensiva sempre brillante e concetti di gioco da squadra organizzata, ben diversi rispetto all’annata precedente. Il 4-2-3-1 con cui Pecchia ha vinto con la Cremonese sembrava facilmente esportabile. Non funzionava soltanto quando Dennis Man e Valentin Mihaila erano a disposizione, ma persino quando il mister adattava calciatori molto diversi quali Simon Sohm o Adrian Benedyczak nel ruolo di esterni alti. Persino Franco Vazquez in emergenza stava riuscendo a mettere freno alla propria indolenza e a funzionare anche da play, così come Roberto Inglese dava segnali importanti sul piano realizzativo. Nell’arco dei mesi, anche e soprattutto in seguito a partite ben giocate ma perse, gli elementi positivi hanno lasciato il posto a una miriade di incertezze.
In seguito all’importante successo ottenuto contro la Reggina, i Ducali hanno cominciato a non saper reagire agli eventi inattesi. Il k.o. col solito Südtirol da battaglia in una gara dominata è stato il viatico a una serie di sconfitte pesanti. Modena, Benevento, SPAL e dopo la sosta il 4-0 in casa del Bari a cui si è aggiunto un deprimente 1-0 patito contro il Cosenza. Da presuntuosa e troppo incline a specchiarsi, la squadra è diventata dubbiosa e impaurita. Come se proprio non prevedesse di poter essere battuta in determinati contesti e contro determinati avversari, si è imbruttita e poi smarrita in seguito allo shock provocato dalla spietata realtà del campo. Al “Marulla” sabato scorso non si è visto nulla di quello che ci si aspetta da una rosa di tale portata allenata da Fabio Pecchia: distanza tra i reparti enorme, iniziative individuali improvvisate, pochissimo movimento senza palla e meccanismi difensivi per niente oliati. A questa serie di pecche si aggiunge l’atteggiamento totalmente inidoneo a una squadra in difficoltà: la linea altissima senza nessuna predisposizione per sostenerla ha indirizzato l’incontro a favore dei padroni di casa. C’è una profonda differenza tra identità e ideologia: il gol di Aldo Florenzi che ha deciso il match dopo 3′ appartiene alla seconda categoria. Per invertire la rotta c’è bisogno di un’operazione di realismo da parte del mister, il quale è chiamato ad adattare maggiormente i propri principi ai calciatori di cui dispone e di una presa di coscienza da parte di chi scende in campo, chiamato a dare molto di più alla causa. Senza la compenetrazione di questi due elementi, il rischio è l’anonimato.
LEGGI ANCHE
La confusione attuale è riscontrabile anche sul piano dirigenziale. Il mercato condotto dal ds Mauro Pederzoli non può essere sufficiente. Se ingaggiare un fedelissimo dell’allenatore come Luca Zanimacchia in luogo di un calciatore avulso alla manovra come Gennaro Tutino è un plus, l’indebolimento della difesa pare una scelta suicida. Giusto cedere Jayden Oosterwolde al Fenerbahce per una cifra davvero elevata e registrare una gran plusvalenza, ma condannare la squadra a proseguire senza un terzino sinistro di ruolo è quasi spietato. Che dire, invece, dell’addio di Simone Romagnoli? Tra i difensori più esperti e affidabili della categoria, non ha potuto aiutare la squadra causa infortunio. Dati tutti gli svarioni dell’ultimo periodo, lasciarlo andare al Lecce senza sostituirlo suona quasi come un atto di rassegnazione alla vulnerabilità del reparto arretrato. La società non ha aiutato Fabio Pecchia, ma il mister ha gli uomini e la bravura per aiutarsi da solo. Serve una svolta decisa, perché il Parma sta sprecando ancora una volta il suo potenziale. E non può più permetterselo.