Reggiana, Vergara è un’iniezione di talento
Conosciamo il talento approdato alla Regia
Per presentare Antonio Vergara, protagonista della trattazione odierna, potrebbe bastare da spazio alle parole del diretto interessato sul suo rapporto il calcio: “Non lo prendo mai come un lavoro, ma sempre come una passione, un divertimento. È questo che mi spinge a fare meglio, il fatto di considerare ciò che faccio come un divertimento, non come un lavoro“. La componente ludica che pulsa, la necessità di godere con il Gioco e grazie al Gioco, la volontà di incidere mescolando efficacia e bellezza.
Un talento che arriva dalle periferia, come il desiderio di epica che solletica il calcio ha spesso agevolato, il classe 2003 nasce a Frattaminore e muove i primi passi nel Comune confinante, ovvero quella Frattamaggiore che al Napoli, e all’intera penisola, ha donato una gemma come Lorenzo Insigne, poi seguito dall’inebriante mancino di Roberto. Sinistro è anche Antonio, che sin da piccolo disegna parabole che squarciano le nubi.
A otto anni il passaggio al Napoli, lo spostamento verso il centro della mappa, i sogni che diventano obiettivi, la speranza che si converte in mattoncini, le prestazioni come malta per unire, costruire, crescere e ambire. Vergara, nel panorama partenopeo, è una positiva eccezione, dato che dal vivaio della compagine sita all’ombra del Vesuvio germogliano pochi, pochissimi, fiori, in quello che è stato ed è il più grande problema della proficua gestione De Laurentiis. Un talento come Vergara è quindi un treno che transita, una rosa bianca tra quelle rosse, un tratto dalla musicalità differente.
Terminato il percorso con la squadra che da bambino l’ha accompagnato verso l’età adulta, anche se si fa fatica a definire adulto chi, alla data di stesura dell’articolo, ha 20 anni, la storica Pro Vercelli gli consegna la casacca numero 30 e la responsabilità connessa a un talento in grado di superare i confini locali, come certificato dalla convocazione in Under 19. Vergara accetta la sfida, comprende di dover tagliare il cordone ombelicale, si tuffa nella Serie C e, una stagione dopo, ne esce completo. La Reggiana lo capisce e, per iniettare talento nell’organico in vista della cadetteria ritrovata dopo l’esperienza con Massimiliano Alvini in panchina, diventa il trampolino del ragazzo verso i massimi livelli che non ha mai nascosto di voler raggiungere.
Il calcio del classe 2003, indossando la casacca dell’analisi, così da entrare in campo con lui per analizzarlo, è fortemente incentrato sul concetto di qualità. Vergara accarezza il pallone, ne telecomanda i giri, abbina la funzionalità all’estetica. Non c’è alcuna patina grezza nel gioco di questo ragazzo, che vede nella tecnica il faro che ne orienta le scelte. In termini di collocazione, lo stesso Antonio ha dichiarato di essere un giocatore da mettere in zone e zolle dove può consentire di aiutare a finalizzare. Mezzala, trequartista con licenze certamente offensive ma, al contempo, completate soprattutto dall’esperienza con la Pro Vercelli, dove ha nettamente migliorato e aumentato il lavoro senza palla. Tra i coetanei, soprattutto in Primavera, in alcuni frangenti Vergara attendeva l’evoluzione della manovra per poter poi mettersi in moto, mentre il passaggio nel calcio professionistico gli ha certamente consentito di fare propria la consapevolezza di dover restare costantemente in partita.
La Serie B, campionato dal coefficiente di difficoltà nettamente più alto, dove gli spazi si restringono e il tempo non è più uno strumento da gestire ma un ulteriore avversario cui far riferimento, sarà un nuovo banco di prova per Vergara. Chi vede il calcio come un divertimento, ad ogni modo, troverà sempre una via di uscita. Nel suo caso, probabilmente con un dribbling.