Subentrare e stravolgere la proposta e la stagione di una squadra: la lezione di Baroni e Pecchia
La stagione di Reggina e Cremonese sembrava irrecuperabile al termine del girone d’andata, destinata a una mera lotta per la permanenza in Serie B. A 5 partite dalla fine del campionato gli amaranto sono a 44 punti e i grigiorossi a 43: per entrambi i club raggiungere l’ottavo posto che ora appartiene al Cittadella a quota 47 non è utopia. Il […]
La stagione di Reggina e Cremonese sembrava irrecuperabile al termine del girone d’andata, destinata a una mera lotta per la permanenza in Serie B. A 5 partite dalla fine del campionato gli amaranto sono a 44 punti e i grigiorossi a 43: per entrambi i club raggiungere l’ottavo posto che ora appartiene al Cittadella a quota 47 non è utopia. Il merito di questo cambio di passo deciso va dato ai due allenatori che, subentrati in momenti difficili, hanno stravolto la proposta di gioco e dato enormi certezze alla rosa e all’ambiente tutto: Marco Baroni e Fabio Pecchia.
La scommessa vincente di Baroni: Folorunsho centro di gravità permanente
Tutti e due gli allenatori hanno avuto il coraggio di cambiare il sistema di gioco collaudato, proponendo quasi da subito il 4-2-3-1 che, al netto dei numeri, è interpretato in modi profondamente diversi. Il mister che ha guidato il Benevento alla prima promozione in Serie A della sua storia ha ereditato la panchina calabrese da un autentico eroe locale, Domenico Toscano, reduce da un Girone C di Serie C semplicemente dominato. Il trainer in cadetteria ha probabilmente pagato alcune scelte di mercato non felici compiute in estate e la troppa fiducia nei pezzi da 90 portati sullo Stretto dal presidente Gallo. Su tutti Jeremy Menez.
La bravura principale di Baroni è stata quella di comprendere fino in fondo le abilità del vero craque della campagna acquisti del ds Taibi, Michael Folorunsho. Schierato dietro una punta centrale e sorretto da un centrocampo a due in grado di fungere da schermo, ha potuto mettere in mostra la potenza dirompente dei suoi strappi palla al piede e una ferocia rara negli inserimenti, abbinata a tempi di gioco perfetti sia con che senza palla. Spostare il nucleo pulsante della squadra dal talento cristallino e assai discontinuo della stella francese troppo spesso assente alla cattiveria assai concreta del calciatore di proprietà del Napoli ha comportato un cambio di approccio dell’intero gruppo.
Nonostante mancassero alcune pedine per attuare al meglio la nuova proposta, l’allenatore ha avuto il coraggio di lanciare segnali chiari a una società che non aveva lesinato sforzi in tempi di trattative. L’adattamento a esterni alti di terzini come Di Chiara e Liotti ha dimostrato la sua convinzione circa la necessità di percorrere un sentiero preciso, che non contemplava compromessi e che ha obbligato la dirigenza della Reggina a ingaggiare Simone Edera. Gli arrivi di altri profili magari non clamorosamente appariscenti ma tremendamente utili quali Montalto, Crimi, Kingsley e soprattutto quello dell’affidabile portiere Nicolas sono stati fondamentali. Più che alzare il tasso tecnico hanno garantito la sostenibilità del progetto. La grandezza del lavoro del mister la si coglie ancor di più notando come il perno attorno a cui tutto sarebbe dovuto ruotare sia stato fuori nella fase più calda di stagione. Baroni ha scommesso su un sistema che valorizzasse Folorunsho e la resa è stata talmente elevata che esso è sopravvissuto anche alla sua non breve indisponibilità.
L’intuizione di Pecchia: la posizione di Valzania l’equivoco tattico che accende l’estro di Gaetano
Se il 4-2-3-1 degli amaranto nasce dall’esigenza di sfruttare meglio la porzione centrale degli ultimi 25 metri di campo, quello della Cremonese ha origine esattamente opposta. La visione accorta del calcio di Pierpaolo Bisoli è sembrata modificarsi nel post-lockdown, periodo in cui la compagine lombarda pur non offrendo prestazioni memorabili riusciva a mettere in risalto con una certa frequenza i calciatori dotati di maggior talento. L’insistenza del trainer, una volta confermato, per il rinnovo del prestito dal Napoli di Gianluca Gaetano pareva la premessa per un ambizioso capitolo di storia grigiorossa.
Al giovane non è mancato il minutaggio nella prima parte di stagione, ma lo spazio per esprimersi al meglio. Occupare l’esterno del campo attaccando con pochi uomini rendeva estremamente prevedibili le sue giocate, che si rivelano davvero illuminate solo quando correlate ai movimenti dei compagni. Fabio Pecchia ha accettato un gruppo che sembrava abulico e sfilacciato e l’ha trasformato in un’orchestra armonica e compatta in grado di fermare sul 2-2 anche l’Empoli capolista. Per rendere più spregiudicata la sua formazione il mister non ha avuto bisogno di cambiare gli uomini ma gli è bastato spostarne qualcuno più avanti. L’innalzamento sulla trequarti di Valzania è un enigma ancora irrisolto per quasi tutte le avversarie della Cremo. Mezzala box to box già da anni, il ragazzo ha potuto focalizzarsi sui compiti offensivi riducendo il suo raggio d’azione e centellinando gli scatti al fine di renderli più esplosivi e funzionali alla luce cercata da Gaetano e da altri elementi di qualità come Buonaiuto.
L’aumento della spinta, mai codificata, è stato supportato da un rafforzamento chirurgico sul mercato. Carnesecchi è un portiere a dir poco sprecato per la categoria, Bartolomei garantisce con Castagnetti una cintura intelligente e qualitativa che non può che favorire il dominio del campo e il possesso della sfera, Baez ha dato ancor più lustro e varietà alle possibili scelte sugli esterni. Dopo anni di confusione adesso sia in campo che fuori la società del cavalier Arvedi dimostra di avere idee chiare e coerenti. L’identità della squadra emerge a ogni incontro, lo spirito e l’alchimia tra calciatori non paiono estemporanei e dettati dallo splendido momento di forma bensì solidi e destinati a durare nel tempo.
Incidere tanto in poco tempo: rivoluzione prima culturale che calcistica
Incidere quando si firma per un club a campionato già nel vivo è difficile per chiunque, in Serie B ancora di più. In pochi punti ci si gioca il destino, non c’è mai tempo di sperimentare perché al primo errore si rischia di compromettere la classifica e incattivire l’ambiente. Baroni e Pecchia hanno finto di non sapere nulla dei cliché che da tempo ci si racconta e hanno insistito per imprimere la loro impronta sulle rispettive squadre. I risultati li hanno premiati da subito e hanno fornito l’ossigeno per sistematizzare meccanismi che richiedono lavoro quotidiano e una dose immensa di fiducia. Un’ulteriore nota di merito va conferita ai due allenatori se si pensa al loro passato recente: archiviate esperienze non esaltanti non hanno portato con sé incertezze o malumori, ma tantissima maturità. Non centrare i propri obiettivi spesso è interpretato come fallimento, eppure proprio sfruttando le ultime delusioni come carburante Marco Baroni e Fabio Pecchia sono riusciti a migliorare in maniera tangibile e portare a compimento le loro idee. Chapeau a due protagonisti inattesi di un torneo avvincente.