Ascoli, Cavion: “Medici e infermieri encomiabili. Taglio degli stipendi? Ben felice di farlo”
CAVION ASCOLI – Apprendiamo, attraverso il sito ufficiale dell’Ascoli, le dichiarazioni del centrocampista Michele Cavion. Michele Cavion sta vivendo con grande preoccupazione l’emergenza coronavirus: veneto di Schio, ha tanti amici in una delle zone più colpite dal virus, Cremona, dove ha giocato per due anni prima dell’approdo in bianconero: “Il mio primo pensiero va a […]
CAVION ASCOLI – Apprendiamo, attraverso il sito ufficiale dell’Ascoli, le dichiarazioni del centrocampista Michele Cavion.
Michele Cavion sta vivendo con grande preoccupazione l’emergenza coronavirus: veneto di Schio, ha tanti amici in una delle zone più colpite dal virus, Cremona, dove ha giocato per due anni prima dell’approdo in bianconero:
“Il mio primo pensiero va a tutte le persone che sono state colpite dal virus o hanno famigliari coinvolti; purtroppo a Cremona ho lasciato molti amici, Roberto era uno di questi, è stato magazziniere della Cremonese ed è morto; ho un altro amico colpito dal virus, è uscito da poco dall’ospedale, non vede compagna e figlia da oltre un mese. La situazione in quelle zone è davvero critica”.
Lei come sta trascorrendo queste settimane a casa?
“Sono rimasto in Ascoli, fortunatamente con me c’è la mia ragazza, Noemi. I genitori di entrambi sono a Vicenza, chiusi in casa; mia mamma è segretaria e sta lavorando in smart working, papà è operaio in un’azienda che ora è chiusa perché non produce beni di prima necessità”.
Lei ha un fratello che è a Londra.
“Sì, Mattia da due anni studia e lavora lì, ogni tanto, quando potevo, lo andavo a trovare. In questi giorni anche lui è in casa perché le università e il luogo di lavoro sono chiusi. In Inghilterra non si aspettavano che il virus avrebbe avuto una portata tale e forse hanno un po’ sottovalutato il problema; da qualche giorno hanno iniziato a chiudere i luoghi di assembramento”.
Questa situazione farà cambiare le priorità nella vita di ciascuno? Sono cambiate le sue priorità?
“Vivo di calcio, il mio sogno fin da bambino è sempre stato quello di giocare, ma mi accorgo che in questo momento il calcio viene in terzo o quarto piano. Muoiono centinaia e centinaia di persone al giorno e migliaia vengono ancora contagiati, non ho idea di come si possa tornare a giocare in questa situazione”.
Cambiano anche i riferimenti in queste situazioni: i beniamini della gente sono inevitabilmente coloro che in prima persona sono al fianco e a sostegno dei malati.
“Faccio i complimenti a medici, infermieri, volontari e addetti ai lavori, voglio rivolgere loro un grande ‘grazie’, si tratta di figure encomiabili che meritano considerazione sempre, mentre spesso ci si accorge di quanto siano importanti solo in momenti di grave difficoltà. E’ come quando si lodano i Vigili del Fuoco dopo un incendio, ma in realtà andrebbero tenuti sempre in considerazione”.
Riesce a tenersi in allenamento stando a casa?
“Sì, ho un tapis roulant, di fronte casa abbiamo il parcheggio privato, è uno spazio chiuso e coperto di circa cinquanta metri quadrati; mi alleno lì dal lunedì al sabato facendo scatti, utilizzando la palla, insomma seguo alla lettera i programmi del preparatore”.
Come pensa che cambierà il calcio?
“Penso che il calcio vada di pari passo col resto dell’economia globale e, se quest’ultima sta subendo un brusco rallentamento, così sarà anche per il calcio, a partire dal livello dei giocatori, fino agli ingaggi e ai ricavi delle società. La storia insegna però che, anche dopo momenti di flessione, si è riusciti a tornare ad una situazione di normalità, non so quanto tempo sarà necessario, la situazione è in evoluzione”.
È di stretta attualità la questione relativa a un ridimensionamento generale del calcio: cosa pensa della riduzione degli ingaggi?
“Il mio pensiero è che purtroppo la situazione è difficile per tutte le persone in Italia e nel mondo, tutti stanno subendo gli effetti del virus e così sarà anche per i calciatori, personalmente penso che sia giusto che anche noi diamo una mano, sono ben felice di farlo”.
Lei è rappresentante AIC per l’Ascoli. Si parla tanto di possibili soluzioni: ripresa del campionato in estate, congelamento delle classifiche. Il dato di fatto è che ancora non si ha idea di quando riprendere gli allenamenti. Qual è il suo pensiero?
“Sono in contatto quotidiano coi rappresentanti dell’AIC e coi rappresentanti delle squadre: l’idea comune è pensare alla salute, nostra, dei nostri cari e delle persone più deboli. Non c’è un’idea dei tempi di ripresa, non sappiamo quanto ci vorrà, speriamo che fra due settimane i dati siano confortanti. In questo momento è utopistico e prematuro parlare di ripresa. Se ci saranno le condizioni, ben venga ripartire, vorrà dire che l’emergenza sarà rientrata. Bisogna considerare che per una trasferta si sposta una cinquantina di persone fra atleti e staff. L’AIC con la Federazione sta cercando tutte le soluzioni per poter portare a termine i campionati, sappiamo l’interesse economico che c’è in ballo. Cercheranno di spostare i tempi e riprendere in estate anche a costo di dover disputare tre gare a settimana”.
Quale sarà la prima cosa che vorrà fare il giorno in cui ci diranno: “L’emergenza è finita”?
“Sicuramente vorrò uscire all’aria aperta, sono più di venti giorni che siamo chiusi in casa, vorrei solo passare del tempo all’aria aperta con la mia ragazza”.
Il rinvio di Ascoli-Cremonese fu la prima avvisaglia dell’emergenza. Cosa dice col senno di poi?
“Col senno di poi è facile, avrei detto di sospenderla, ma andava gestita in modo diverso. Quando ci comunicarono la decisione delle autorità competenti eravamo già entrati in contatto da tempo negli spogliatoi e quindi tanto valeva giocarla; inoltre si disse che i tifosi della Cremonese erano arrivati in città già dal giorno prima. Dico che le due squadre allora sarebbero dovute restare sui pullman e non incontrarsi affatto, ma, ripeto, col senno di poi è facile”.
Fonte: ascolicalcio1898.it