Lecce, Corvino: “Diventare ds del club della mia terra è sempre stato il mio obiettivo. Vi racconto di Berbatov, Chevanton e Lucarelli…”
CORVINO LECCE OBIETTIVO DS – Intervenuto a margine di “A Tu per Tu”, trasmissione televisiva sulle frequenze di TeleRama Pantaleo Corvino, responsabile dell’area tecnica del Lecce, ha effettuato un viaggio nel passato svelando diversi aneddoti di mercato, e non, che lo legano al suo club ed alla sua città d’origine: “Ero a Brescia e avevo […]
CORVINO LECCE OBIETTIVO DS – Intervenuto a margine di “A Tu per Tu”, trasmissione televisiva sulle frequenze di TeleRama Pantaleo Corvino, responsabile dell’area tecnica del Lecce, ha effettuato un viaggio nel passato svelando diversi aneddoti di mercato, e non, che lo legano al suo club ed alla sua città d’origine:
“Ero a Brescia e avevo comprato Hubner, con tanto di cartellino in mano per quattro miliardi e mezzo grazie alla buona cessione di Sesa al Napoli. Avevo tutto pronto, ma la moglie di Hubner aveva cambiato idea all’ultimo e non sapevamo con chi sostituirlo. Ho provato a convincerli dicendo che a Lecce c’è tutto, il sole, il mare, le aragoste…ma niente, me ne tornai in aeroporto a Malpensa. Lì tra le destinazioni di partenza del tabellone lessi Valencia e mi saltò in mente Lucarelli, che avevo valutato preferendo poi Hubner. Chiamai così il procuratore dicendo che stavo andando lì, e con una chiamata convinsi Cristiano, dicendo che tutti mi avevano parlato male di lui e che era il momento di mostrare il suo valore. Lucarelli non giocava da due anni e nessuno credeva in lui, il resto è storia” – riporta CalcioLecce.it.
“Anche dopo la cessione di Lucarelli passai un’estate difficile, perché su Chevanton c’era tanto scetticismo. Alla vigilia della partita con il Parma me ne andai in Brasile perché ero troppo teso. Ero sicuro delle qualità di Cheva, ma mi ferivano tutte quelle critiche e quei dubbi. Ero in albergo a guardare le partite su Rai International, mi affacciai dal bagno perché avevo sentito di un gol e vidi Chevanton esultare sotto la Nord. Un’emozione indescrivibile”.
“Il mio primo obiettivo da quando arrivai nel mondo del calcio era diventare direttore sportivo del Lecce, la squadra della mia terra. Arrivai nel 1998 e fu subito Serie A, grazie agli investimenti della famiglia Semeraro che mi consentì di costruire una squadra forte con i vari Margiotta, Blasi, Stellone su tutti. Quella promozione fu l’inizio di un grandissimo cammino, vincente e ricco di soddisfazioni”.
“Arrivarono tante salvezze in Serie A. Grandi campionati, grandi soddisfazioni e uno stadio sempre festante di gente. Quelli furono davvero anni straordinari, con la chicca di un settore giovanile d’eccellenza che portò anche nel Salento trofei nazionali importantissimi come Scudetti, Coppe Italia e Supercoppe. Erano tanti i talenti che si forgiavano in giallorosso e questo fu uno dei più grandi orgogli“.
“C’era tanto scetticismo su di noi. Il cammino per farci conoscere a livello nazionale fu dura, ma poi ce l’abbiamo fatta portando a Lecce titoli nazionali, tanti campioni, salvezze prestigiose e i complimenti del mondo del calcio. Il Lecce era conosciuto a livello nazionale, ma non solo. Capii cos’avevamo fatto quando una sera, alla Notte della Taranta, il celebre batterista dei Police, Stewart Copeland, andò a suonare con addosso una maglia del Lecce, di Chevanton per l’esattezza”.
“Dove mi vedo tra dieci anni? I cavalli di razza muoiono in pista”.
“Feci venire Berbatov per tre giorni a Brescia per fare le visite mediche e per non far uscire la notizia. Era praticamente un affare fatto. Arrivai su lui dopo un viaggio in Svezia, dove ero per vedere la gara con la Bulgaria della quale seguivo in difensore. In attesa del match delle nazionali maggiori ero andato a vedere l’Under e rimasi impressionato dall’attaccante, così volai immediatamente a Sofia per chiudere l’affare con il CSKA, lasciando perdere tutto il resto. La trattativa era fatta, noi dovevamo prendere Chomakov l’anno prima da girare al CSKA l’anno dopo in attesa che Berbatov compisse i 18 anni, visto che per legge i giovani non potevano lasciare la Bulgaria prima del servizio militare. Passò un anno, le visite andarono bene e firmò il contratto, ma per un disguido tutto saltò. Il resto lo sappiamo, e lui diventò una delle punte più forti di sempre”.