Il gioco una delizia, i gol la croce. Ma aspettando Galabinov, lo Spezia si gode Da Cruz
DA CRUZ SPEZIA GALABINOV – Dopo due anni all’insegna di tante ombre e poche luci, mister Pasquale Marino sta tornando alla ribalta con lo Spezia. Possiamo tranquillamente annoverare la prestazione offerta ieri dai liguri come una delle migliori sul piano del palleggio, delle trame e dell’organizzazione viste negli ultimi anni in cadetteria. Nonostante il pareggio beffardo, persino gli avversari del Venezia, […]
DA CRUZ SPEZIA GALABINOV – Dopo due anni all’insegna di tante ombre e poche luci, mister Pasquale Marino sta tornando alla ribalta con lo Spezia. Possiamo tranquillamente annoverare la prestazione offerta ieri dai liguri come una delle migliori sul piano del palleggio, delle trame e dell’organizzazione viste negli ultimi anni in cadetteria. Nonostante il pareggio beffardo, persino gli avversari del Venezia, costretti a una disperata difesa a oltranza, hanno riconosciuto valore e meriti dell’undici aquilotto.
Questa bella storia di calcio, però, ha un inizio che precede l’avvento dell’ex tecnico del Catania in panchina. Due sono i fattori che stanno consentendo al gruppo di esprimersi su livelli così importanti, uno lontano nel tempo e l’altro più vicino. Sin dal momento in cui il presidente Volpi ha rilevato il club in Serie D la sua attenzione si è rivolta al settore giovanile: per i ragazzi più piccoli il club bianconero è un’isola felice, luogo ideale in cui formarsi come calciatori e come uomini. Tanti, infatti, sono i prodotti della Primavera che oggi contribuiscono alla causa della prima squadra, molti altri ancora quelli cresciuti altrove, ma acquistati in età precoce dalla società. Il risultato è una rosa composta da una miriade di Under, profonda perché ingrossata dalle tante scommesse vinte e particolarmente determinata in virtù dell’enorme senso di appartenenza.
Il lavoro maniacale sui giovani è, tuttavia, solo uno dei due elementi da prendere in considerazione. Il ritorno di Angelozzi come direttore generale ha costituito un salto di qualità in sede di calciomercato che oggi sta facendo la differenza. Spendendo poco e bene, è stata allestita una rosa che rispetto alla caratura del nome privilegia la funzionalità delle pedine. Acquisti come Bartolomei, Bidaoui, Crimi,Lamanna e Galabinov forniscono l’esperienza necessaria per la categoria, ma unita all’ambizione dettata dalla consapevolezza di trovarsi nel pieno della carriera e non aver ancora espresso al 100% il proprio potenziale. La scelta forte di puntare sugli Augello, i Vignali, i Gyasi e gli Okereke dimostra la convinzione di poter sfruttare al massimo il patrimonio tecnico della proprietà. Non soltanto, dunque, al fine mantenere stabili le finanze tramite cessioni onerose, bensì per ampliare la portata degli obiettivi: giocatori di questa prospettiva sono già un boccone prelibato per platee più prestigiose, blindarli senza remore a gennaio significa credere persino nel raggiungimento di un traguardo gigantesco come la promozione. Menzione d’onore aggiuntiva per i calciatori prelevati dalle big di A con le più svariate formule: Capradossi, Ricci e Pierini stanno maturando partita dopo partita, acquisendo quella continuità che negli anni passati sembrava per loro una chimera.
L’ultimo colpo targato Angelozzi è il ragazzo chiamato a non far rimpiangere la lungodegenza di Galabinov: Alessio Da Cruz. Sarebbe persino superfluo sottolineare in che misura l’assenza della punta di razza stia incidendo sullo scarso numero di reti in relazione alla mole di gioco prodotta. Okereke, Gyasi e Pierini hanno numeri e strappi, sanno attaccare la profondità e stanno imparando anche a venire incontro per supportare i movimenti dei compagni. Qualcosa però ancora manca loro: il killer instinct. In tanti frangenti pur compiendo il movimento giusto, chiudendo il dai e vai perfetto o calciando la sfera da posizione ideale difettano di cattiveria e non trovano la via della rete. Si tratta di una dinamica fisiologica per dei giovani che per caratteristiche non sono portati a ricoprire il ruolo di numero 9.
Neanche l’ex Parma e Novara è definibile un bomber puro, ma ci sono degli aspetti che lasciano immaginare che il suo rendimento sarà più efficace. In primis ha un anno in più di esperienza in Serie B: dopo sei mesi di altissima levatura in Piemonte, decise di cedere alle lusinghe dei Ducali e misurarsi con una realtà in cui le aspettative sono sempre enormi. In un contesto nel quale la concorrenza era serrata sia al centro del reparto che sulle corsie offensive, ha faticato a dimostrare le sue qualità. Dopo gli sfortunati sei mesi cadetti, nefasta è stata la scelta di viverne altri sei in massima categoria, ancora tra le fila degli emiliani. Ovviamente ai margini del progetto di D’Aversa, è presto stato risucchiato dal vortice della panchina. All’esordio al “Picco” ha però dimostrato una condizione inimmaginabile per chi viene da un periodo così lungo di assenza dal campo. Il gol è un saggio di velocità, potenza e soprattutto voglia: quella di riprendersi con gli interessi ciò che una scelta avventata gli ha sottratto nel 2018. Lo Spezia potrebbe rappresentare il suo posto nel mondo ed essere il palcoscenico della consacrazione. Gli schemi di Marino sembrano confezionati su misura per lui: a differenza di Galabinov, Da Cruz può adattarsi al gioco in velocità delle ali e fornire, soprattutto in trasferta, le dovute garanzie a una strategia che senza precisione negli ultimi 16 metri rischia sempre di rivelarsi effimera. Il repertorio dell’olandese, però, non è riducibile all’adattabilità a una manovra verticale, poiché la sua struttura gli permette di battagliare coi centrali avversari e difendere il pallone. Come ha già palesato sul rettangolo verde, parliamo inoltre di un calciatore che vede e sente la porta, per cui è in grado di contribuire a rimpinguare il bottino di marcature stagionali anche con gol di rapina.
In attesa di una totale guarigione della punta bulgara, dunque, la società spezzina si è inventata un’altra operazione che può ridimensionare l’unico difetto mostrato da almeno dieci incontri a questa parte. Col miglior Da Cruz e il miglior Galabinov, nonostante l’attuale ottavo posto, quest’ottimo organico non avrebbe motivi per nascondersi. La promozione potrebbe smettere di rappresentare un astratto vocabolo e diventare un obiettivo concreto e, dopo dieci anni di lavoro quasi impeccabile, meritato.