ESCLUSIVA PSB – Di Carlo: “Serie B incerta. Livorno? Bisogna capire i reali obiettivi”
Una vita al servizio del calcio. Tra le scarpette e la panchina, sono oramai quarant’anni che Domenico Di Carlo ha fatto di questo sport la propria essenza. Da calciatore ha conosciuto tutte le categorie, dalla Serie D alla Serie A, mentre da allenatore la sua rincorsa alla massima serie è partita dalla Serie C2, con […]
Una vita al servizio del calcio. Tra le scarpette e la panchina, sono oramai quarant’anni che Domenico Di Carlo ha fatto di questo sport la propria essenza. Da calciatore ha conosciuto tutte le categorie, dalla Serie D alla Serie A, mentre da allenatore la sua rincorsa alla massima serie è partita dalla Serie C2, con quel Mantova che portò a disputare i playoff in Serie B al termine di un’esaltante cavalcata. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, sono diversi gli argomenti toccati con il tecnico.
Seppur sia ancora prematuro parlare di classifica, alcuni valori cominciano ad emergere. Che idea si è fatto dopo queste prime giornate di campionato?
“A mio avviso ci sono squadre che devono ancora esprimere le proprie qualità. Penso ad esempio a compagini come Benevento, Palermo e Crotone, che sono un po’ indietro in termini di continuità di rendimento in relazione alle possibilità delle rispettive rose. Tra le squadre partite con ambizioni importanti, ad oggi l’Hellas Verona sta ben figurando. Il campionato di Serie B riserva poi delle incertezze, quindi ritengo che servirà ancora qualche giornata per poter avere un quadro più chiaro”.
Il Pescara è, con merito, in cima alla classifica. La parola d’ordine adesso è equilibrio, sia in caso di ulteriori vittorie che di risultati negativi. Quali sono, secondo lei, le corde che Pillon dovrà toccare?
“A mio avviso il Pescara era già forte nella scorsa stagione. Può capitare però un’annata nella quale non si riesce ad esprimersi al meglio, ma nel caso degli abruzzesi parliamo di un organico che era composto da giovani di qualità e in generale da elementi che, dall’arrivo di Pillon, hanno trovato una notevole continuità. Lo stesso Pillon sa di avere una buona squadra, ma è consapevole anche che bisogna lavorare e che ogni partita va giocata al massimo, altrimenti la sconfitta diviene un rischio concreto. Un test importante sarà il prossimo, contro lo Spezia, dove entrambe le squadre cercheranno la vittoria per restare nelle zone alte della classifica”.
Società che lei ha conosciuto sia come calciatore che come allenatore, il Livorno non vive una situazione idilliaca. I risultati non arrivano, Spinelli sbotta e la panchina di Lucarelli non è più così sicura. Crede che un ulteriore passo falso sarà fatale?
“Il calcio è fatto di programmazione e risultati. Bisogna vedere quali sono gli obiettivi che la società e l’allenatore si sono posti all’inizio della stagione. La salvezza è chiaramente a portata di mano, dista pochi punti, l’allenatore conosce la piazza e nella rosa sono presenti giocatori di spessore. Chiaramente, in questo momento il Livorno ha bisogno di punti, perché nel calcio spesso si bada più alla sostanza che alla forma. Gli amaranto devono fare risultato, ma non occasionalmente, bensì è necessaria continuità. Questo è il primo scoglio che deve superare il tecnico insieme alla squadra”.
Sono già quattro gli avvicendamenti in panchina in Serie B, con tre esoneri e le dimissioni di Chezzi. Non è un dibattito nuovo, ma come mai si comincia una stagione con un tecnico per poi fare scelte diverse dopo così poco tempo?
“Sono del parere che quando un allenatore riesce a trovare continuità, e c’è condivisione di intenti con la proprietà, alla lunga il risultato arriva. Come dicevo prima, nel calcio non puoi però permetterti di giocare delle buone partite e non portare a casa punti. Puoi essere l’allenatore più bravo della categoria, ma dopo un mese senza risultati sei messo in discussione. Fa parte del calcio odierno. Per fortuna ci sono delle società che la pensano diversamente e rinnovano la fiducia: un esempio può essere Stroppa che, nella passata stagione, dopo essere stato messo per mesi sulla graticola, ha disputato un’ottima seconda parte di campionato con il Foggia, anche grazie ad un buon mercato. Noi allenatori dobbiamo essere bravi ad unire il gioco ai risultati”.
Chiudiamo con una considerazione storica: ha conosciuto la Serie B nel 2005, in quella che fu una grande annata con il Mantova. L’ha lasciata, dopo varie esperienze anche nella massima serie, pochi mesi fa. Che cambiamenti ha notato nel campionato cadetto nel corso di questi anni?
“Ritengo che sia il calcio nel suo complesso ad essere cambiato, perché oggi è multietnico, globalizzato, e un allenatore deve essere bravo a creare un rapporto con i tanti calciatori che provengono dall’estero. Si è modernizzato il modo di allenare. Inoltre sono tanti i giovani che cercano spazio, e bisogna avere il coraggio di lanciarli, cosa che magari in passato avveniva con minore intensità. Tanti dicono che il livello della Serie B si sia abbassato, ma dico sempre che idee e programmazione aiutino a mantenere alta l’asticella della qualità. Bisogna trovare piazze che sposano questa mentalità, ed a mio avviso il perfetto esempio è il Cittadella, una società modello per mille motivi, dove cambiano i calciatori ma i risultati sono sempre soddisfacenti. Significa che ci sono base importanti, chi arriva si sente a casa e riesce a dare il meglio di sé”.
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