23 Novembre 2018

ESCLUSIVA PSB – Mutti: “Il Palermo deve ringraziare Zamparini. Cosenza, i mezzi ci sono”

Il calcio come costante della propria esistenza. Tra la carriera da calciatore e quella da allenatore, il rettangolo verde ha occupato più di quarant’anni della vita di Bortolo Mutti. Tante le compagini guidate, in ogni categoria, dai dilettanti alla Serie A. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, sono stati diversi i temi discussi con l’esperto […]

Il calcio come costante della propria esistenza. Tra la carriera da calciatore e quella da allenatore, il rettangolo verde ha occupato più di quarant’anni della vita di Bortolo Mutti. Tante le compagini guidate, in ogni categoria, dai dilettanti alla Serie A. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, sono stati diversi i temi discussi con l’esperto tecnico.

Uno dei temi più importanti del giorno è sicuramente l’addio di Maurizio Zamparini, che lascia dopo 16 anni il Palermo augurando buona fortuna alla compagine rosanero ma ritenendo di essere stato infangato. Lei che conosce il presidente e l’ambiente, che idea si è fatto di queste dichiarazioni?

“Il Palermo deve le proprie fortune a Zamparini per quello che ha fatto nel corso di questo suo lungo periodo di gestione. Ritengo che a livello imprenditoriale e sportivo il lavoro fatto sia stato davvero importante, dando lustro e struttura ad una realtà che era in grande difficoltà. Ero il tecnico della squadra quando cominciò l’era Zamparini, che pose fine alla gestione Sensi, per cui ho vissuto da vicino questo avvicendamento. Sono tornato poi sulla panchina dei siciliani qualche anno fa, ed ho avuto la fortuna di conoscere il presidente che, ribadisco, ha creato, sotto certi punti di vista, prestigio attorno al Palermo, con risultati degni di nota.  Forse, da parte sua, è subentrata anche la stanchezza perché certe situazioni istituzionali non gli hanno dato una mano, e qualcosa è venuto a mancare. Lascia una squadra prima in classifica, quasi a voler chiudere in grande stile questo rapporto. Porterà dentro di sé, con molta probabilità, delle situazioni nelle quali crede di non aver ricevuto la giusta riconoscenza, ma sappiamo che questa non viene mai elargita in maniera esplicita. Anche la città, chiaramente, gli ha dato tanto, ma i matrimoni in questo mondo finiscono”.

Nel corso della sua trentennale esperienza in panchina, ha avuto la possibilità di allenare anche il Livorno, attualmente fanalino di coda in cadetteria. C’è chi ha parlato di limiti tecnici, chi di una situazione societaria che non ha aiutato. Ritiene che vi sia una causa in particolar modo oppure un insieme di circostanze negative?

“Mi dispiace per Lucarelli, che era pieno di entusiasmo all’idea di guidare la squadra della sua città. Anche qui parliamo di un presidente, Spinelli, che ha dato tanto per la causa, forse ottenendo meno di quanto sperato. Al contempo, forse, l’approccio al campionato non è stato valutato correttamente, in termini di valori tecnici da mettere in campo. Questo potrebbe quindi aver destabilizzato l’inizio di stagione del club. Non so di chi possa essere la responsabilità, se della società, che potrebbe non aver dato mandato di fare un certo percorso in sede di mercato, oppure delle scelte, seppur condivise, rivelatesi poi sbagliate, dando il colpo di grazia a Spinelli, con la seguente decisione di farsi da parte”.

Nonostante la vittoria nell’ultimo turno, il Padova continua a navigare nelle parti basse della classifica. Nel successo dell’Ascoli bisogna sottolineare come si sia vista la mano del neo-tecnico Foscarini. Quali sono i primi punti da toccare quando si subentra a stagione in corso e si ha quindi poco tempo per preparare gli imminenti impegni?

“Quando subentri in un contesto dove regna la tensione, anche sotto l’aspetto dei rapporti, è importante mantenere un profilo di spessore ma, allo stesso tempo, entrare nello spogliatoio con grande tranquillità e chiarezza per dare dei punti di riferimento e delle aspettative diverse. Bisogna creare un percorso fatto di fiducia, di autostima e, perché no, alleggerire le teste dei calciatori, che potrebbero essere scossi  da precedenti esperienze nelle quali qualcosa non ha funzionato. Il gruppo va coinvolto e stimolato”.

Statistiche alla mano, la sua più alta percentuale di vittorie in una singola stagione è datata 2003/2004, quando era sulla panchina del Messina. Al secondo posto in questa speciale classifica troviamo il Cosenza della stagione 2000/2001. I Lupi, nuovamente in cadetteria, sono invischiati nella lotta per non retrocedere, con una sola vittoria in dodici partite. Che prospettive dà alla squadra di Braglia?

“Un percorso sicuramente di sofferenza, vista la classifica attuale. Parliamo di una neopromossa che si è riaffacciata in Serie B dopo quindici anni e che sta pagando questo ritorno. Serve tempo, la squadra deve metabolizzare che la cadetteria non è la Serie C, mentre l’ambiente è abituato a questi palcoscenici vista la storia del club. Ci sono le condizioni per uscire da questa situazione difficile, e ritengo che il Cosenza abbia i mezzi per mantenere la categoria”.

Per concludere, parliamo di un’altra squadra da lei allenata in passato, seppur per poco tempo: la Salernitana. I campani sono attualmente al terzo posto in classifica: crede che potranno continuare ad avere questo rendimento?

“La Salernitana è partita senza grandi proclami, ma con la consapevolezza di poter fare bene. In panchina siede un allenatore di livello, il cui gioco non sarà spettacolare ma molto concreto, ed è questo che la Serie B richiede. I campani possono continuare su questa strada, anche perché alle spalle hanno una società pronta a fare anche ulteriori passi nel mercato di gennaio, vista la classifica e un obiettivo che potrebbe essere perseguito, perché la squadra si sta dimostrando all’altezza”.

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