7 Marzo 2019

ESCLUSIVA PSB – Favo: “Palermo, anni meravigliosi. Salernitana? Tifosi in antitesi con Lotito. L’Ascoli verrà fuori dal momento difficile”

Un napoletano orgoglioso delle proprie origini, ma che ha trovato casa anche lontano dalla Campania. Passato dalla vicina Salerno, spostatosi Palermo arrivando nella marchigiana Ascoli: la carriera di Massimiliano Favo l’ha portato a girare per diverse piazze e realtà del nostro calcio, attualmente protagoniste in cadettieria. Tante esperienze di rilievo, inclusa quella di allenatore. In […]

Un napoletano orgoglioso delle proprie origini, ma che ha trovato casa anche lontano dalla Campania. Passato dalla vicina Salerno, spostatosi Palermo arrivando nella marchigiana Ascoli: la carriera di Massimiliano Favo l’ha portato a girare per diverse piazze e realtà del nostro calcio, attualmente protagoniste in cadettieria. Tante esperienze di rilievo, inclusa quella di allenatore. In attesa di una nuova occasione panchina dopo l’esperienza alla Paganese dello scorso anno, il tecnico è intervenuto ai nostri microfoni per parlare dei diversi temi a cui lo abbiamo sottoposto.

Il calcio e non solo la legano fortemente al Palermo, cosa ricorda con più piacere di quegli anni?

“Limitarsi a poche cose, scusate il gioco di parole, sarebbe limitativo. Palermo ti lascia dentro una cultura, un modo di essere, vittorie, sconfitte, entusiasmo. E’ una grande città, come la mia Napoli, si somigliano moltissimo. Nei cassetti della mia vita sicuramente ho tante cose di Palermo, considerando inoltre che mia figlia è nata lì”.

Per lei sarà stato semplice ambientarsi.

“Sono stati cinque anni meravigliosi, con una città che mi ha assorbito e adottato a 23 anni. Una città stupenda e di mare come Napoli, è stato veramente facile ambientarmi”.

Tra la pressione dell’ambiente e il clima societario, i rosanero stanno comunque conducendo un campionato di vertice. Qual è la caratteristica distintiva del gruppo?

“E’ un gruppo forte fisicamente, ma anche caratterialmente. Un gruppo che secondo me è riuscito ad assorbire le vicissitudini societarie e non è da poco perché, con gli ingaggi che hanno questi giocatori, pensare di non prendere nulla o avendo dei problemi societari non è facile stare sul pezzo. Fino a tre settimane fa la città era molto scettica nei confronti della proprietà, con i tifosi che hanno “abbandonato” l’idea di andare allo stadio quasi per fare un dispetto. Ho seguito dal vivo la squadra a Perugia, oltre che molto in televisione. Questa squadra ha delle individualità e una fisicità che in categoria non ha nessuno. Se tutti i tasselli andranno al loro posto e dovesse entrare una realtà forte che dia la tranquillità di continuare il progetto tecnico, credo che questa squadra non abbia problemi a vincere il campionato”.

Ha giocato anche nella Salernitana, altra piazza esigente e che in questi anni non ha ancora trovato la quadratura ideale per fare il salto di qualità.

“In questo momento, sotto certi punti di vista, Salerno ha un po’ le caratteristiche ambientali di Palermo, escluso il fatto che i granata hanno alle spalle una società forte. La Salernitana in questo momento ha una tifoseria unita contro la proprietà e in questo c’è la similitudine con i rosanero. I tifosi vogliono vincere, andando un po’ in antitesi con i progetti di Lotito che vuole tante persone allo stadio per gestire economicamente la società. I tifosi vogliono invece, così come a Napoli, che la società investa per vincere qualcosa”.

Si trova in accordo con la voglia dei tifosi o con le esigenze della dirigenza?

“In questo momento è difficile fare calcio. Mi sento di difendere le proprietà che vogliono andare al risparmio, però è allo stesso modo difficile comunicare i programmi effettivi. I tifosi vogliono chiarezza e vedere una gestione limpida che dia un’idea di futuro e programmazione, in questo momento, sia a Palermo che a Salerno, quest’ultima manca. C’è poi un dato di fatto: le società che vengono da fuori, Zamparini è veneto e Lotito è di Roma, non raccolgono la fiducia della tifoseria, poiché non vedono nei presidenti l’attaccamento alla maglia. Colui che viene da fuori è visto un po’ come il faccendiere, questa è un’altra problematica. Se da una parte dobbiamo valutare che il calcio è diventato un’azienda e come tale va gestito, dall’altra i tifosi probabilmente pensano che un presidente esterno abbia altri interessi”.

Parliamo di Ascoli. Una squadra con un buonissimo organico che però deve far fronte con un problema interno: il troppo nervosismo. Perché questo crollo caratteriale?

“In questa piazza ho avuto la fortuna di giocarci e lavorare per molto tempo. Una città di sessanta mila abitanti che ha l’orgoglio di aver visto per tanti anni la squadra in Serie A. Un paesone che segue sempre e comunque le vicissitudini di questa squadra, con una maglia e una tifoseria esigente. Con una rosa giovane ci sta che ci siano questi alti e bassi. Anche qui la proprietà è nuova oltre che esterna, in una città abituati ai presidenti del posto e integrati nella mentalità. Per quello che hanno investito durante il mercato di riparazione sono destinati a venir fuori da questo momento molto difficile”.

Ha allenato la Primavera bianconera tra il 2005 e il 2007, quali erano i ragazzi più interessanti?

“Fu un anno di costruzione importante. Mi trovai un gruppo di classe ’87-’88 che non era di grande prospettiva, allora forzammo la mano per far sì che potessimo mettere dentro dei giocatori più giovani. Tra questi vi era Bellusci, il quale ha fatto la carriera che conosciamo. Tra i più grandi c’era Giorgi, il quale ha giocato anche in Serie A. Ci sono stati anche tanti altri prospetti che hanno giocato in Serie C per tanti anni e che comunque hanno portato delle risorse economiche alla società. Sia Bellusci che Giorgi furono poi venduti per dei bei soldini, posso dire che allora sia da un punto di vista tecnico che da uno finanziario abbiamo avuto dei buoni risultati”.