ESCLUSIVA PSB – Kutuzov: “Bari e Pisa, importante sarà la programmazione”
Gli esordi nel suo Paese, la Bielorussia. La prima squadra italiana ad intuirne le qualità fu il Milan, correva l’anno 2001. Da lì tante esperienze, di cui una anche all’estero, nello Sporting Lisbona. Piazze importanti quelle nelle quali ha giocato Vitali Kutuzov: oltre quelle prime citate, parliamo di Avellino, Bari, Sampdoria, Pisa, Parma. Una vita […]
Gli esordi nel suo Paese, la Bielorussia. La prima squadra italiana ad intuirne le qualità fu il Milan, correva l’anno 2001. Da lì tante esperienze, di cui una anche all’estero, nello Sporting Lisbona. Piazze importanti quelle nelle quali ha giocato Vitali Kutuzov: oltre quelle prime citate, parliamo di Avellino, Bari, Sampdoria, Pisa, Parma. Una vita passata tra i campi di calcio prima di dedicarsi alla sua seconda vita sportiva, quella da hockeista. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, diversi i temi toccati con il classe ’80, la cui intervista completa è di seguito riportata.
Un suo primo parere sul Bari, la seconda squadra per numero di presenze nella quale ha militato. Come si spiega il mancato accesso ai playoff di una squadra costruita per grandi traguardi, soprattutto alla luce di un importante mercato invernale?
“Le squadre hanno dinamiche molto difficili, complicate, e certe cose non sono programmabili. Puoi cercare di fare il meglio possibile, andando a prendere gente di esperienza e qualità. Per quanto riguarda il Bari, c’è chi dice che bisognava fare una scelta più accorta dall’inizio sull’allenatore, e sbagliando ciò si parte già svantaggiati. Bisogna poi fare in modo che i calciatori all’unanimità ascoltino il tecnico, senza trascurare il fatto che Bari è una piazza molto calda, con tanta pressione, dove al primo errore entri nell’occhio del ciclone. Sono tante componenti che secondo me in questa stagione non sono andate a favore della squadra, ma se la società lavorerà in maniera sana ed oculata, i risultati arriveranno”.
Altra importante piazza nella sua carriera è stata sicuramente il Pisa, dove arrivò a giocarsi anche i playoff. Quest’anno sappiamo che le cose sono andate in maniera completamente diversa, le chiedo una sua opinione su tutta la vicenda.
“Pisa è un’altra piazza che, così come Bari, ama il calcio, vive di questo sport. Quando in una società vi sono cambiamenti societari, mancata cura del settore giovanile, continui cambi di allenatore, è inevitabile che ad un certo punto il tappo esploda. Quando invece si lavora per bene, curando ogni aspetto per una corretta gestione dei giocatori e delle strutture, si cresce sempre indipendentemente dai risultati sul campo, che sono pur sempre importanti. Non bisogna smantellare e poi ricostruire ogni anno, ed a Pisa è successo questo. Adesso sono arrivate persone per bene ai vertici del club, ma purtroppo questo cambio c’è stato in un momento della stagione dove era difficile invertire la rotta, sia in termini di giocatori che di allenatore, che non voglio giudicare in quanto all’epoca è stato anche mio compagno di squadra, ma si vede che non si è riusciti a trovare la quadratura del cerchio. Spero però che quanto successo sia di insegnamento per il prossimo futuro così da capire quanto sia importante programmare ed avere basi solide per dare continuità ad un progetto sportivo”.
Il suo record di reti in una stagione in Italia risale al 2003-2004, quando era all’Avellino ed in panchina c’era Zeman. Nonostante quel campionato terminò con la retrocessione, che ricordi ha del boemo?
“Parliamo di un allenatore che ha una sua visione del calcio, ma più che parlare del tecnico bisogna parlare del lato umano: ha carisma, fa uscire il carattere di un giocatore, con lui gli organici diventano gruppi, e c’è grande differenza tra queste due parole. Per me un allenatore è bravo se fa crescere i giocatori e li fa diventare elementi importanti, non solo se vince le coppe. Questo è il caso di Zeman, un vero maestro, vedi il lavoro fatto con Verratti e tantissimi altri. Così come il boemo, ho avuto tanti allenatori che mi hanno trasmesso tanto, come Ancelotti, Ranieri, Pioli, Conte, Ventura. Un migliore tra questi non c’è, ma ritengo che ognuno di loro mi abbia migliorato in qualcosa”.
In quella stessa annata in cadetteria con lei c’erano giocatori del livello di Toni, Lucarelli, Zola. Avendo poi giocato anche in annate successive in Serie B, che evoluzione crede abbia subito il campionato?
“Estendiamo il discorso: il livello del calcio italiano in generale si è abbassato molto, mentre all’estero i movimenti sono cresciuti sia sportivamente che economicamente. Oggi in Italia si pensa a far giocare i giovani del Paese, riducendo il numero di stranieri anche se questi magari potrebbero essere elementi validi, ma mi sento di dire che nonostante ciò non vedo più talenti puri ed importanti come Totti oppure Cassano. L’Italia vive una fase calante, in attesa di qualcosa di importante per tornare agli antichi fasti, quando qui venivano i migliori giocatori al mondo”.
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