ESCLUSIVA PSB – Mister Calori: “La Serie B è strana, da marzo in poi si tirano le somme. Su Caldirola…”
ESCLUSIVA PSB MISTER CALORI – Sono tante le squadre del campionato cadetto, nelle quali mister Calori ha giocato o allenato. Tra queste Venezia, Pisa, Trapani, Perugia. Gran parte della sua vita però è legata al Brescia, protagonista l’anno scorso in B, e che potrebbe ritornarci, suo malgrado, a distanza di un anno. Il tecnico è […]
ESCLUSIVA PSB MISTER CALORI – Sono tante le squadre del campionato cadetto, nelle quali mister Calori ha giocato o allenato. Tra queste Venezia, Pisa, Trapani, Perugia. Gran parte della sua vita però è legata al Brescia, protagonista l’anno scorso in B, e che potrebbe ritornarci, suo malgrado, a distanza di un anno. Il tecnico è stato raggiunto, in esclusiva, dai nostri microfoni.
La classifica in B è cortissima, con 13 squadre racchiuse in ben 10 punti. A suo avviso, Pisa e Venezia, due tra le sue ex squadre, hanno buone possibilità di mantenere la categoria?
«Se la devono giocare perché sono in mezzo a questa lotta, per evitare di andare ai play-out. Ma la Serie B è strana, nel senso che sono vicine ai play-out, ma sono anche vicine ai play-off. Dipende da come reagiranno da questo momento in poi. Da marzo infatti ci sarà un’idea più chiara di quelli che sono gli obiettivi di una o di un’altra squadra. Ad oggi sia il Venezia che il Pisa sono lì e se la giocano».
Lei ha allenato anche il Trapani, che attualmente occupa il penultimo posto in classifica. A suo avviso, i siciliani possono già considerarsi con un piede in Serie C, o è ancora presto per definirlo?
«Non direi. C’è ancora possibilità di poter fare un filotto e tirarsi fuori. E’ chiaro che il Trapani si deve sbrigare e cercare di vincere più partite possibili. Non è facile però, arrendersi non mi sembra una situazione che corrisponde all’ambiente, che, anzi cercherà fino alla fine di arrivare a tentare l’impresa».
Mister, facendo un parallelismo tra Trapani e Spezia, possiamo dire che ci troviamo di fronte a due situazioni opposte, in quanto i siciliani hanno cambiato tecnico e la situazione non è molto migliorata, mentre le Aquile hanno avuto il coraggio di confermare Italiano, traendone grande beneficio, visto che ora sono in piena lotta per la Serie A. Lei cosa pensa di quest’abitudine, tutta italiana, dell’esonero facile?
«A volte la bravura di un dirigente è anche quella, di capire con chi sta lavorando, a volte l’allenatore ha bisogno, nei momenti di difficoltà, di sostegno. Se invece in questi momenti lo abbandoni e pensi già ad un altro allenatore, io penso che qualcosa di sbagliato ci sia. Se credi in qualcosa ci devi credere fino in fondo, finquando è possibile, perché altrimenti è inutile fare le scelte iniziali, che riguardano il tipo di allenatore, il metodo di lavoro, le caratteristiche dei giocatori che deve avere. Son cose profonde, quindi la profondità nella valutazione dell’allenatore non la vedo. Quindi Angelozzi, che è un vecchio marpione e uno che conosce il calcio, ha scelto Italiano, l’ha portato avanti, nei momenti di difficoltà l’ha sorretto e adesso sta raccogliendo i frutti del lavoro. La parte societaria è molto importante. Quando un tecnico ha una società alle spalle che tutela il suo lavoro, le possibilità di fare bene aumentano».
Capitolo Brescia. Perché, a suo avviso, le squadre che dominano il campionato di B, poi fanno tanta fatica in massima serie. C’è così tanta differenza tra le due categorie?
«E’ un altro sport la Serie A. E’ un livello totalmente diverso, per qualità, per approccio, a livello psicologico, nell’affrontar le partite. Tutto questo vale fino ad un certo punto perché il Verona, con tanti sconosciuti, sta facendo un campionato eccezionale. Ci sono delle variabili che sono eccezioni, non sono la regola. La regola è che il primo anno che una squadra sale dalla B, spesso paga dazio e deve cercare di salvarsi per sistemarsi, per conoscere bene la categoria, per ritrovare un giusto collocamento e per proseguire una programmazione. Infatti l’anno più difficile è sempre il primo. Il Frosinone in due/tre anni è salito e retrocesso subito, il Benevento uguale, perché il dislivello si avverte tanto. Servono infatti giocatori all’altezza per affrontare il campionato, quindi è fondamentale creare un organico adatto ad una categoria che non è la B».
Ci sono diversi giocatori che attualmente militano in B e lei ha avuto la possibilità di veder giocare sotto la sua gestione. Tra questi le cito Ardemagni che ha avuto al Padova e Caldirola, attuale pilastro del Benevento, che ha avuto al Brescia. Che ricordo serba di loro?
«Caldirola l’ho allenato quando, da ragazzino, veniva dall’Inter e con noi ha fatto un grande campionato e poi è andato al Werder Brema. Avevo lui, El Kaddouri, Jonatas, Benali, Daprelà, ho fatto esordire Cragno. Quasi tutti giocatori che poi sono arrivati in A. Avevo Salamon che ho spostato dal centrocampo alla difesa e lo acquistò il Milan. Caldirola era il capitano della Nazionale Under 21, un ragazzo serio, equilibrato, con grande personalità, che ha fatto una carriera all’estero importante, giocando nel campionato tedesco. Adesso è venuto con umiltà al Benevento, dove sta facendo molto bene, vincendo il campionato alla grande. In questa categoria è un giocatore di primo livello. Al Padova, oltre ad Ardemagni, avevo El Shaarawy, che ho fatto esordire e con me ha fatto i primi gol della sua carriera. Matteo, è vero che è in là con gli anni, ma è un centravanti che ha già fatto più di 100 gol in B, ha esperienza, personalità, è un giocatore che può dare una grossa mano al Frosinone, potenzialmente in lotta per il secondo posto, e che se sta bene fisicamente può dire ancora la sua».
Secondo lei, è giusta la decisione di giocare a porte chiuse, nelle zone colpite dal “Coronavirus”?
«Questo non sta a noi dirlo. Si è presa una decisione a livello politico e istituzionale, avranno i loro motivi e bisogna rispettarli. Ci hanno comunque diviso: nei gironi A e B di Serie C, per esempio, non giocano, mentre nei gironi delle squadre a sud giocano, una discriminazione che non capisco. Penso che se questa forma influenzale ha colpito 3/4 di Italia, se c’è, c’è anche al sud. Su queste cose qui siamo ancora veramente un po’ indietro, secondo me, però rispettiamo le decisioni di chi ha le competenze in questo settore, l’infettivologia, perché se è un virus contagioso, è meglio evitare di creare problemi alle persone. Bisognerebbe pensarci più spesso alla salute della gente».