ESCLUSIVA PSB – Terlizzi: “A Trapani avevo un allenatore con manie di protagonismo, il Palermo doveva essere più coeso”
Dopo tanti anni da leader delle retroguardie di alcune realtà importanti della massima serie e di quella cadetta, Christian Terlizzi, nell’ultima stagione ha deciso di sposare il progetto del Paceco, squadra di Serie D della provincia trapanese. La sua carriera, a forti tinte siciliane, lo ha visto protagonista, tra le altre, con le maglie di […]
Dopo tanti anni da leader delle retroguardie di alcune realtà importanti della massima serie e di quella cadetta, Christian Terlizzi, nell’ultima stagione ha deciso di sposare il progetto del Paceco, squadra di Serie D della provincia trapanese. La sua carriera, a forti tinte siciliane, lo ha visto protagonista, tra le altre, con le maglie di Palermo, Catania, Trapani, Pescara e Varese. Intervistato in esclusiva dalla nostra redazione, il difensore ha analizzato la situazione di alcune delle sue ex squadre, con un occhio particolare ai discussi avvenimenti che hanno contraddistinto la conclusione del campionato di Serie B.
Ciao Christian. A Palermo, molti ti ricordano come “il difensore goleador”, raccontaci qualcosa di più sulla tua esperienza. Zamparini ha annunciato una rivoluzione della rosa e l’inevitabile partenza dei “big”, pensi che sarà costruita una squadra da promozione oppure potrebbe esserci un ridimensionamento degli obiettivi? Cosa non ti ha convinto del campionato dei rosanero?
“Palermo è stata la prima esperienza in un grande club. Ero arrivato come un giovane di prospettiva e grazie alla mia costanza e anche al presidente e Baldini, i quali mi hanno dato fiducia, sono riuscito a dimostrare il mio valore conquistando una promozione storica dopo 32 anni e riuscendo anche negli anni a diventare l’unico difensore ad aver segnato 4 goal nelle prime 4 giornate di Serie A stabilendo ancora oggi un record.
I rosanero devono tutto a Zamparini, che ha preso ai tempi una società in fallimento e l’ha portata ad altissimi livelli come nessuno avrebbe mai fatto. È un presidente molto ambizioso e sono sicuro che una squadra fatta di giovani e anche senza big lotterà sempre per il vertice della classifica. La delusione o comunque l’amarezza di quest’anno è stata quella di vedere nel Palermo una buona squadra in grado di vincere il campionato, con l’assenza di un elemento fondamentale: l’animo di una squadra unita che remasse tutta nella stessa direzione”.
Analizzando quanto accaduto tra Palermo e Frosinone e mettendoti nei panni di un calciatore del Palermo, come avresti reagito a questi episodi lontani dai veri valori dello sport?
“Ero allo stadio a vedere la partita e quello che risaltava vistosamente era la differenza di voglia di conquistare questa promozione. A differenza dei calciatori del Palermo, in campo, il comportamento antisportivo dei calciatori del Frosinone avrebbe suscitato in me una rabbia maggiore nel voler conquistare questa promozione”.
Si può dire che la Sicilia è la tua terra calcistica adottiva. In virtù di ciò, quali pensi che siano le cause della crisi che ha colpito le squadre siciliane? I vecchi tempi sembrano lontani…
“Effettivamente la Sicilia è come una seconda casa in tutti i sensi per me. La crisi che sta colpendo le squadre siciliane si può individuare nell’assenza di imprenditori seri e nella carenza di strutture. In questi anni, invece di investire sui talenti locali, si è sempre pescato fuori, ammazzando così il calcio giovanile e i settori giovanili siciliani. Finché si continuerà con questa mentalità, è difficile che le cose possano cambiare”.
A Trapani hai lasciato un buon ricordo, anche se hai vissuto un momento da fuori rosa, raccontaci di più. La resa del Presidente Morace ha scosso l’ambiente: emergono potenziali investitori ma al momento niente di concreto. Pensi che i granata riusciranno ad iscriversi al prossimo campionato di Serie C?
“Trapani è stata una parentesi positiva del mio percorso calcistico. Nei miei quattro anni, ho affrontato due periodi molto difficili: il primo dovuto al mio infortunio al tendine; il secondo quando ho recuperato la mia condizione fisica e sono stato messo fuori rosa per due mesi, a causa del protagonismo di un allenatore che si sentiva onnipotente e che poi ha portato la squadra alla retrocessione, dimostrando effettivamente chi era. Mi dispiace per quello che sta succedendo adesso, la piazza non lo merita e soprattutto non lo merita la famiglia Morace. Ho avuto il piacere di parlare più volte con il Comandante e posso assicurarvi che è una splendida persona, spero si risolva tutto per il meglio”.
Il Catania non è riuscito a conquistare la Serie B. Cosa è mancato per fare l’ulteriore passo di qualità? – Adesso, c’è da sciogliere il nodo allenatore: tra i nomi che circolano c’è anche quello di Andrea Sottil, tuo ex compagno rossoazzurro che quest’anno ha ottenuto la promozione in Serie B con il Livorno, pensi che possa essere il profilo giusto?
“Lo Monaco, artefice delle fortune del Catania, ha costruito una squadra importante per la categoria. Vincere non è mai facile, ma alla fine, gli etnei si sono arresi contro una delle pretendenti alla vittoria finale e soltanto dopo i calci di rigore. Andrea lo conosco personalmente, è una grande persona e anche un buon allenatore che conosce molto bene l’ambiente Catania, quindi potrebbe essere una buona soluzione”.
Parliamo di Pescara, anche se la tua esperienza è stata breve. Gli addetti ai lavori avevano evidenziato negli abruzzesi una rosa da alta classifica. Tuttavia, la squadra è riuscita solo a salvarsi nelle ultime giornate. Secondo te, cosa ha inciso su questo distaccamento dalle aspettative?
“Anche a Pescara ho vissuto un’esperienza positiva. Sono stato lì per sei mesi e ho lasciato la squadra salva con venti punti nel girone di andata, poi nel girone di ritorno ne hanno fatti appena due e sono retrocessi. Mi resta il buon rapporto costruito e mantenuto ancora oggi con il presidente Sebastiani. Anche loro, come Palermo, Bari, Spezia e altre squadre, avevano allestito una buona squadra, ma non sempre il nome dei calciatori basta per raggiungere dei buoni risultati”.
Sei in scadenza di contratto con il Paceco, inevitabile chiederti le tue aspettative future. Pensi di continuare a giocare oppure ti vedi in altre vesti?
“Se fosse per quello che vedo guardando le partite potrei, nonostante l’età, pensare di poter ancora giocare. Ma ora nel calcio si cercano solo i giovani ed è per questo che si è persa molta qualità. Per il mio futuro ho preso il patentino e vorrei cominciare ad allenare, in modo da mettere in pratica tutto quello che ho imparato dai tanti e ottimi allenatori che ho avuto durante la mia carriera”.