Ritrovarsi per brillare: aspettando il miglior Federico Ricci
La stagione 2015/2016, oltre a regalare alla piazza di Crotone la gioia della Serie A e a consegnare al calcio italiano un allenatore più che interessante come Ivan Juric, fu quella della fioritura di un calciatore con una prospettiva nettamente superiore alla media. Esplosivo, tarantolato, dotato di un fútbol qualitativo: Federico Ricci. Alla seconda stagione in […]
La stagione 2015/2016, oltre a regalare alla piazza di Crotone la gioia della Serie A e a consegnare al calcio italiano un allenatore più che interessante come Ivan Juric, fu quella della fioritura di un calciatore con una prospettiva nettamente superiore alla media. Esplosivo, tarantolato, dotato di un fútbol qualitativo: Federico Ricci. Alla seconda stagione in terra calabrese, dopo la prima esperienza con Massimo Drago in panchina, il talento scuola Roma mise a referto undici gol e otto assist, un bottino da giocatore dominante, status che Federico acquisì meritatamente in quel campionato.
L’apparente tipicità di un profilo tecnico come il suo, caratterizzato da una grande capacità di squilibrare le architetture difensive avversarie con l’abilità nel dribbling fulmineo che lo caratterizzava anche nel settore giovanile capitolino, beneficiò dell’aggiunta di una crescita nei movimenti senza palla e in una sorta di apprendimento posizionale che lo portò a incidere con giocate repentine tra le linee, elevate dalla sua rapidità cognitiva e motoria.
Il percorso, dopo quel campionato, sembrava una regolare e panoramica autostrada verso il grande calcio, come avallato da una più che discreta prima parte di stagione con il Sassuolo di Eusebio Di Francesco nella Serie A 16/17: lì ci fu un ulteriore miglioramento di Ricci, in diversi frangenti propenso ad attaccare la porta per chiudere l’azione. Tante piccole aggiunte condensate in due anni nei quali, come detto, la crescita è stata tangibile e fruttuosa.
Le cose, però, cominciano a cambiare. Nella seconda parte dell’annata appena citata, il classe ’94 esce parzialmente dai radar, chiuso da Politano e Berardi. Nell’esperienza successiva, vissuta con la maglia del Genoa, manca continuità sia con il suo Juric che con Ballardini. Rendimento sicuramente innalzato nel corso della stagione colorata del giallorosso del Benevento, quella 2018-2019, così come positivo è stato quanto fatto, in concerto con il fratello Matteo, nello stupendo Spezia di Vincenzo Italiano, meritatamente promosso in Serie A al termine del campionato 2019-2020. Prestazioni positive, un calcio associativo nel quale Ricci ha incastonato colpi d’alta scuola, seppur un problema fisico l’abbia limitato dal post lockdown.
Questo rapido excursus del suo percorso da Crotone in poi è servito a lasciar trasparire la sensazione che le incertezze derivanti da (si ipotizza) mancata fiducia, scelte probabilmente poco felici e responsabilità del ragazzo, abbiano limitato (frenato sarebbe eccessivo) una scalata verso vette soddisfacenti e calcisticamente gloriose. L’ultima esperienza, quella con il Monza, non ha purtroppo invertito il trend.
La carta d’identità segna 27 anni compiuti da poco, ergo un’età nella quale c’è tempo e modo per aggiornare con pagine radiose il libro della propria carriera. È quello che è doveroso augurarsi per un talento limpido, possessore di un calcio stupendo da vedere e analizzare, che elargisce frustrate nette, dirette, quasi esuberanti. Il tiro di Ricci ha una preziosa qualità: contrasta il tempo. Quando si prova a interferirne la preparazione, è lì che subentra la prontezza del rompere l’attimo utile per l’opponente e far partire la conclusione. Un unicum figlio di un talento che dovrà nuovamente registrarsi negli albi contenenti le grandi giocate.
Quelle che Federico Ricci ha nel DNA.