9 Aprile 2019

ESCLUSIVA PSB – Cittadella, Panico: “Questa la piazza ideale, mi farò trovare pronto fino alla fine”

GIUSEPPE PANICO CITTADELLA – Nonostante la giovane età, vanta diverse esperienze nel suo curriculum. Giuseppe Panico, attaccante attualmente in forza al Cittadella, è uno dei profili più interessanti della cadetteria. Raggiunto in esclusiva dalla nostra redazione, questi i punti toccati con il talentuoso classe ‘97. Cominciamo con una considerazione sul vostro campionato: il Cittadella si […]

GIUSEPPE PANICO CITTADELLA – Nonostante la giovane età, vanta diverse esperienze nel suo curriculum. Giuseppe Panico, attaccante attualmente in forza al Cittadella, è uno dei profili più interessanti della cadetteria. Raggiunto in esclusiva dalla nostra redazione, questi i punti toccati con il talentuoso classe ‘97.

Cominciamo con una considerazione sul vostro campionato: il Cittadella si conferma una realtà sana e competitiva, dov’è possibile fare calcio nella maniera più consona. La squadra ha la sensazione di poter fare qualcosa di importante?

“Abbiamo buone sensazioni. Siamo un bel gruppo e giochiamo molto bene. Qui c’è tutto per rendere al meglio: la piazza è tranquilla e non ci sono pressioni”.

Il cambiamento del format in cadetteria, con il passaggio a diciannove squadre, ha inevitabilmente alzato la competitività di un campionato imprevedibile per definizione. Quant’è difficile mantenere alta la concentrazione per un lasso così prolungato di settimane? Con molta probabilità bisognerà attendere l’ultima giornata per avere il quadro completo, difficilmente si potrà staccare prima la spina.

“La presenza di meno squadre porta ad un ridotto numero di partite, che di conseguenza diventano delle finali, soprattutto nell’ultima fase della stagione. Bisogna quindi avere la spina sempre attaccata e curare ogni minimo dettaglio. Non è facile, ma è doveroso avere una certa disciplina se si vuole fare qualcosa di importante”.

Statistiche alla mano, è la stagione della tua breve carriera dove hai trovato più spazio. Contestualizzando al singolo la precedente domanda, che tipo di lavoro bisogna fare per non calare la soglia dell’attenzione?

“Da quando sono andato al Genoa, ho sempre dato tanta importanza al duro lavoro, anche quando non giocavo. Credo però che questi siano i miei punti di forza: fame e voglia di arrivare. Ho sempre creduto nel mio sogno e continuerò a farlo. Non bisogna mai mollare, perché soprattutto in queste categorie c’è il rischio di perdersi. La carriera mi ha portato a Teramo, dove ho giocato 6 partite, mi sono rotto la caviglia e non ho fatto benissimo, ma per fortuna c’è stata la possibilità di giocare per il Cittadella, ed è qui che ho ritrovato la serenità mentale e una consapevolezza nei miei mezzi importante”.

Dopo una prima parte di stagione dove hai avuto bisogno dei fisiologici tempi di adattamento, da dicembre in poi Venturato ha scommesso sulle tue qualità, permettendoti di trovare considerevole continuità. Sono arrivate poi delle partite dove sei rimasto fuori, quindi ti chiedo: la voglia di mettersi in mostra quando il tecnico fa scelte diverse può essere un freno, soprattutto per un giovane? Nel tuo caso hai subito ritrovato il gol, ma immagino che ci potesse essere l’ansia di volersi mettere nuovamente in mostra.

“All’inizio ho avuto bisogno di ambientarmi, perché venivo da una stagione vissuta prima a Cesena, dove sono sceso in campo dieci volte, di cui solo due da titolare. Come dicevo poc’anzi sono andato al Teramo, ma anche lì ho avuto delle difficoltà. Sono venuto qui ed ho trovato ritmi molto elevati, dato che il gioco che abbiamo si basa sull’aggressione in avanti, quindi mi sono dovuto mettere al passo con i miei compagni. C’è stata la partita contro lo Spezia, dove sono stato espulso, ma ricordo con piacere quella contro la Salernitana, dove ho fatto molto bene servendo anche assist. Ho giocato sereno mentalmente, senza avere paura di sbagliare e facendo le cose semplici, che ti portano a prendere fiducia e a rischiare la giocata. Dopo quella partita è cambiato tutto, prima di arrivare alla trasferta di Benevento dove non ho fatto benissimo. Sono rimasto fuori per cinque turni ma martedì mi è stata concessa questa possibilità contro il Venezia, dove ho trovato un gol liberatorio. Il mister giustamente fa le sue scelte in quanto non possono giocare tutti, ma stavo dando il massimo e il gol è il frutto del lavoro che si fa. Cercherò di riconquistarmi tutto da qui alla fine. Non sarà facile conquistare il posto da titolare, perché ci sono attaccanti forti come Moncini e Finotto che hanno segnato diverse reti, ma mi farò trovare pronto quando sarò chiamato in causa”.

Concludiamo con una considerazione che travalica i confini del rettangolo verde: hai lasciato casa in età puerile, quando hai tanti sogni ma altrettante incertezze, e la tua è una storia particolare sulla quale è doveroso rispettare la tua privacy. Vorrei, però, domandarti: l’aver affrontato certe dinamiche, essere cresciuto con tempi più celeri rispetto ai tuoi coetanei, ti ha aiutato nell’affrontare le difficoltà inevitabilmente avute nei primi mesi in quel di Genova, dato che ti sei ritrovato dall’altra parte d’Italia?

“Diciamo di sì, ma il calcio era il mio sogno, quindi non ho pensato ai risvolti negativi come andare via di casa oppure lasciare gli amici. Il focus è stato su me stesso, mi sono concentrato sul calcio, che poteva diventare il mio lavoro, e ho lasciato il passato alle spalle”.

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