ESCLUSIVA PSB – Resilienza, cultura del lavoro e centralità del gioco: Javorcic descrive il Südtirol
IVAN JAVORCIC SUDTIROL – Quanto fatto dal Südtirol in questa stagione è stato semplicemente portentoso, a tratti imaginifico. Un cammino che ha lasciato solchi profondi e complicati da colmare, tanto per la Serie C quanto per le categorie superiori. Una squadra consapevole, efficace ma soprattutto energica e guidata dalle idee, doti con le quali ha […]
IVAN JAVORCIC SUDTIROL – Quanto fatto dal Südtirol in questa stagione è stato semplicemente portentoso, a tratti imaginifico. Un cammino che ha lasciato solchi profondi e complicati da colmare, tanto per la Serie C quanto per le categorie superiori. Una squadra consapevole, efficace ma soprattutto energica e guidata dalle idee, doti con le quali ha meritatamente ottenuto la promozione in cadetteria. Un disegno che ha visto i calciatori come esecutori ma Ivan Javorcic come autore. Senza un simile direttore d’orchestra, le cose non sarebbero andate nella stessa maniera. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, l’allenatore ha declinato tanti punti riguardanti la sua squadra.
Mister, è ragionevole e doveroso sottolineare la quasi-impossibilità di vedere un’altra squadra refertare gli stessi numeri del Südtirol con riferimento ai gol subiti. Entriamo in questa fattispecie: complice quanto appena scritto, la vostra è stata raccontata come una squadra eccellente nella predisposizione alla difesa. Probabilmente questo è un titolo da invertire, perché se voi aveste pensato solo a non prendere gol, ne avreste incassati molto di più. Dunque il Südtirol non è stato solo bravo a difendere, ma è stato notevole anche nella fase offensiva, perché attaccare bene vuol dire essere preventivamente pronti ad assorbire le transizioni avversarie, e viceversa. Il gioco, dunque, naviga nella complessità, lontano dalle etichette.
“Sono d’accordo, ritengo che oggi il calcio vada visto nella sua totalità. Bisogna avere delle conoscenze su tutti i momenti e rendere totali i propri intenti, come abbiamo fatto noi in maniera eccellente. È necessario sapere in profondità cosa fare sia con che senza palla, dunque con un certo tipo di predisposizione alla copertura e occupazione degli spazi, così da poter pensare al controllo del gioco, che permette di subire di meno ed essere più pericolosi. La nostra, dunque, è un’idea totale di gioco ed è orientata verso il dominio in fase di possesso ma anche di non possesso. Questo è uno dei principi-cardine e, di conseguenza, ti porta a essere efficace nelle transizioni, siano esse positive o negative”.
Le hanno continuamente chiesto di spiegare questa qualità della sua squadra. Il punto che vorrei toccare risiede nelle relazioni tra i suoi calciatori durante la partita e nella continua auto-organizzazione che una squadra deve essere in grado di implementare per rispondere ai tanti eventi che caratterizzano un match. Come ha fatto a coniugare lavoro tattico, empatia e intelligenza emotiva?
“La qualità nasce nel quotidiano. Quanto lei ha menzionato rappresenta le colonne della nostra quotidianità, è molto importante creare interrelazioni tra i calciatori. Parte tutto dalla cultura del lavoro, uno dei tre cardini assieme all’etica e alla disciplina. Elementi che ti portano a essere resiliente durante l’annata, così da fare la differenza. Il comportamento deve essere orientato al miglioramento e alla capacità di concentrazione, in modo da alimentare continuamente relazioni e conoscenza del gioco. Il tutto, in una fase successiva, diventa abitudine, ed è questo il momento in cui diventi per l’appunto resiliente agli eventi”.
Domanda decisamente più passionale: quanto l’ha stimolata, e la sta stimolando, avere queste risposte così intense da parte della squadra e percepire dunque i risultati del lavoro suo e dello staff?
“La mia passione nasce dall’opportunità che questo mestiere mi dà: parlo della parte creativa, che permette di edificare un organico, per meglio dire un’organizzazione complessa. Una squadra di calcio, secondo me, è molto complessa come struttura, è fatta di persone ed emozioni, oltre che di obiettivi comuni. Mi stimola pensare di poter creare un ambiente che ha come obiettivo conoscenza, miglioramento e resilienza. Questa è la cosa più bella. Mi inebria poter realizzare anche dal punto di vista metodologico che comportandosi in una determinata maniera, e portando avanti nel quotidiano un certo tipo di approccio, si possano ottenere risultati straordinari. Detto ciò, bisogna avere delle persone di qualità e dei calciatori che permettano la trasmissione di queste idee”.
Ha già avuto modo di sottolineare la necessità di avere un approccio olistico nel rapporto con il Gioco. Navigare nella complessità permette di comprendere quanto il già-menzionato Gioco sia imprevedibile, continuo, non vivisezionabile. Al contempo, l’allenatore deve essere in grado di filtrare verso i calciatori, che è ragionevole pensare cerchino risposte dal campo. Ecco: quali corde e argomenti si toccano per filtrare il proprio credo calcistico?
“Bisogna semplificare il più possibile. Penso che il gioco del calcio sia estremamente complesso, dunque è necessario in qualche maniera semplificarlo e, per riuscire a farlo, devi avere una profonda conoscenza della materia, così da poter poi spiegare in maniera semplice e sintetica. Il gioco, come dicevo, è un processo complesso, dunque certe cose vanno ripetute nel tempo, aggiungendo qualcosa in più nel momento in cui la squadra mostra di aver appreso. È un mix di esperienza e creatività, che genera poi un meccanismo di squadra”.
Il Südtirol arriverà in Serie B forte delle certezze maturate con il suo lavoro e, mi permetto, con un’ottima gestione anche nelle stagioni precedenti. Il livello, ovviamente, cambierà, e di conseguenza la vostra risposta dovrà essere ancora più energica e qualitativa. Fatta la premessa, la domanda è diretta per ragioni di incisività: ai suoi ragazzi dirà di non pensare di essere “quelli dei nove gol subiti” oppure è dai nove gol subiti che dirà di ripartire?
“Ho capito la domanda, ma penso che la chiave starà sempre nella totalità del gioco. Bisognerà continuare a creare un ambiente dove si andrà in profondità, servendosi delle idee e della motivazione, che dovrà generare la volontà di mettersi in discussione per dimostrare di meritare la categoria e, perché no, di poter stupire in qualche maniera. Serviranno lavoro e sacrificio, oltre che predisposizione a conoscenza e ambizione”.
Lei è un lettore dell’enorme Dostoevskij. Nella corposa e stupenda eredità letteraria del pensatore russo, troviamo: “Vado fra gli uomini, ignoro il domani ma sento che comincia una nuova vita”. Sembra applicabile al Südtirol : ignorate il medio-lungo termine perché bisogna pensare alla Supercoppa, ma le chiedo: la Serie B per voi sarà una nuova vita oppure, anche in questo caso, trasporterete quanto fatto?
“Trasporteremo sicuramente qualcosa, perché questo vale per la vita: prendere dal passato e portare nel presente per migliorare il futuro. Questo sarà importante. La nostra esperienza potrà aiutarci tanto, perché sappiamo da dove siamo partiti e dove siamo arrivati. In Serie B ci saranno insidie e ostacoli differenti, ma tali problematiche potranno essere risolte e superate mantenendo l’approccio avuto quest’anno. È una questione di metodo che, per tornare all’inizio di questa risposta, certamente trasporteremo e cercheremo al contempo di migliorare. Dostoevskij ha detto un’altra frase molto bella: “La bellezza salverà il mondo”. Quello della bellezza è un concetto relativo, tante volte è stato al centro di dispute, perché quello che è bello per una persona non è detto che sia bello anche per un’altra, però noi tenteremo di portare la nostra bellezza nel mondo della Serie B”.