6 Aprile 2020

ESCLUSIVA PSB – Bellinazzo: “Taglio stipendi? Serviranno sacrifici ma non basta. Bisognerà lavorare sui ricavi”

Il calcio cerca di immaginare il proprio futuro, prossimo e remoto. Si cerca di trovare la strada giusta verso la ripresa, ma i tanti interessi in gioco e la difficoltà, a tratti incapacità, di ragionare come un sistema e non come singole parti, rende il tutto più complicato. Quali dovranno essere le scelte congeniali alla […]

Il calcio cerca di immaginare il proprio futuro, prossimo e remoto. Si cerca di trovare la strada giusta verso la ripresa, ma i tanti interessi in gioco e la difficoltà, a tratti incapacità, di ragionare come un sistema e non come singole parti, rende il tutto più complicato. Quali dovranno essere le scelte congeniali alla ripresa dopo questa fase sicuramente drammatica? Per analizzare un punto così delicato abbiamo raggiunto in esclusiva Marco Bellinazzo, giornalista per Il Sole 24 ore ed esperto di calcio, sport e business.

Marco, prima di entrare nel merito economico degli effetti di questa fase storica sul sistema calcio, sarebbe interessante conoscere il tuo parere in merito alle difficoltà, nonostante gli accordi odierni, che vive la Governance di quello che tu hai definito “Calcio italiano S.p.A.”. Assemblee in videoconferenza, interviste, discussioni, ma sembra che non si ragioni per raggiungere un obiettivo comune che non può che essere il salvataggio del sistema un aspetto economico e sportivo, dato che le due strade si fondono senza soluzione di continuità.

“Ritengo che Gabriele Gravina, presidente della FIGC, in queste settimane stia facendo uno sforzo di sintesi notevole per arrivare a delle istanze perlomeno omogenee, per non dire uniformi, dato che parliamo di campionati che corrispondono a mondi diversi gli uni dagli altri. Il minimo comune denominatore è una fortissima crisi economica che andrà a colpire le aziende proprietarie e gli sponsor, e che si andrà ad abbattere su leghe, dalla Serie A alla Serie D, già strutturalmente deficitarie. Bisognerà, dunque, trovare delle soluzioni non di pura emergenza ma in grado di rimettere in carreggiata tutto il sistema, oppure si perderà l’ennesima occasione per correggere i mali atavici del calcio italiano. Più passano i giorni, più vedo sfarinarsi questo fronte compatto e prevalere esigenze particolari, che sicuramente rendono non realizzabile e non realizzato il mio auspicio. Se dominano gli interessi di parte dei club è difficilissimo trovare soluzioni comuni che permettano al sistema di uscire da una crisi che è pre-Covid 19 ma che sarà accentuata da questa fattispecie”.

Attraverso il report PricewaterhouseCoopers apprendiamo che il valore della produzione del calcio italiano, aggregando i dati di Serie A, B e C, supera i tre miliardi e mezzo di euro. Quanto accaduto porterà presumibilmente al crollo di queste cifre, dato che ricavi dal botteghino, sponsor, attività commerciali e altre forme varie ed eventuali subiranno una netta frenata. Questi ricavi hanno dei costi correlati per più di 2 miliardi e 700 milioni di euro che, nonostante sia necessaria un’analisi sicuramente più approfondita, potrebbero essere di complicata rinegoziazione. Domanda eccessivamente banale ma necessaria: come si eviterà il collasso?

“La domanda non è banale, è un discorso difficile da gestire in poche parole. Quando si affronta una crisi sistemica non si può pensare di risolverla guardando esclusivamente una gamba, come di solito si fa nelle piccole e grandi aziende, e il calcio italiano è tra quest’ultime, ovvero considerare unicamente il taglio dei costi, una misura accettabile qualora si riesce a eliminare sprechi e costi non produttivi, ma non ci si può fermare a questo, dato che bisogna aggiungere la gamba dei ricavi, che vanno aumentati in maniera più che proporzionale al taglio dei costi che, alla lunga, diventa controproducente, dato che comporta la mancata remunerazione degli assets, in particolar modo del capitale umano, con la conseguente riduzione di produttività. Questa è una regola alla base di qualsiasi organizzazione aziendale, che raramente viene applicata, men che meno nel calcio. L’operazione, in questo momento, deve essere duplice: da un lato, in un’ottica di solidarietà, ridurre i costi, in particolar modo con riferimento agli stipendi stipulati tramite contratti pluriennali con cifre ora, e probabilmente per i prossimi quattro-cinque anni, improponibili; dall’altro, bisognerà rivedere il modello di business di ogni lega e club, ridefinirlo e cercare delle soluzioni per incrementare a medio-lungo temine i ricavi delle compagini. Bisogna trovare questo mix equilibrato di azioni, molto spesso ci si ferma al taglio dei costi e non si ragiona in prospettiva, mentre è proprio nei momenti di crisi che bisogna investire per trovare nuove fonti di ricavo”.

Analizzando nel dettaglio il dato della Serie B, a fronte di un valore della produzione di 353 milioni e di costi operativi per 344 milioni, il margine operativo lordo è facilmente calcolabile ed è davvero esiguo, anche se è ovviamente un indicatore di prima approssimazione. Inoltre, come hai tu stesso posto all’attenzione nella tua analisi del report, la categoria è composta da compagini che mediamente ricavano 18,6 milioni e spendono 20,8 milioni, bruciando dunque più di due milioni ogni annata. Vista l’ovvia difficoltà che si avrà nel prossimo futuro in termini di redditività, peggiorando dunque una situazione precaria in termini di “normalità”, quali misure, secondo te, sarà necessario adottare per ripartire?

“La cosa che si può fare nell’immediato è trovare soluzioni concertate con i calciatori per ridurre il costo del lavoro. Consideriamo il fatto che, sommando ingaggi e ritenute, si sfiorano i 250 milioni di euro. Dividendo questo ammontare per 20 squadre, otteniamo una spesa singola che supera i 10 milioni per stagione, un dato oggettivamente ingestibile per un sistema che in regime di normalità faticava a stare in piedi e che, sicuramente, subirà ripercussioni sia per quest’annata ma anche, se non soprattutto, per la prossima. Se si dovesse concludere la stagione a porte chiuse, il danno ammonterebbe a quasi 16 milioni mentre, qualora la decisione fosse quella di non proseguire, la contrazione del fatturato risulterebbe essere doppia, secondo quelle che sono state le indicazioni fornite dalla cadetteria alla FIGC. Tutto ciò porterebbe ad aumentare il deficit strutturale di cui parlavamo poc’anzi. Una soluzione dunque va subito trovata, magari rinegoziando il costo del lavoro tra il 10% e il 20%, riducendo altri costi come le commissioni ai procuratori ed evitando, al contrario, di sottrarre risorse per i vivai, perché è da lì che bisogna ripartire. La gestione diversa, nuova e più profittevole di vivai, centri sportivi e scuole calcio può alimentare da subito il sistema di ricavi per il quale, ovviamente, bisognerà poi agire anche per ciò che concerne stadi e attività di sponsorizzazione legate al territorio, anche se sarà molto complicato in relazione alla contrazione che avrà il PIL e, dunque, l’economia nazionale, che porterà al taglio delle spese di promozione e pubblicità. Riportare la gente allo stadio sarà un problema anche quando i contagi saranno pochi, perché sarà psicologicamente un problema andare in un luogo affollato come un impianto sportivo. Tutto ciò porta a dire che servirà l’intervento pubblico con delle misure volte ad aiutare il sistema, magari attraverso una percentuale maggiore derivante dalla Legge Melandri, oppure su più gettito dalle scommesse sportive, in modo tale da fornire benzina in questo momento necessaria per rimettere in moto il calcio e la cadetteria, che deve ridefinire la propria mission e indirizzarla verso la formazione di giovani con la valorizzazione dei propri vivai invece che dei talenti che arrivano in massa dalla Serie A, cosa che fa comodo nell’immediato perché abbatte i costi, ma a lungo termine non porta ad avere un parco giocatori importante che, invece, può servire per realizzare plusvalenze e avere costi più bassi, dato che i giovani costano di meno rispetto a giocatori già formati. Sarà importante, dunque, portare avanti questo mix di interventi, a cominciare, come detto poco fa, dalla riduzione del costo del lavoro in piena sinergia, possibilmente, con i calciatori. Il calcio non deve essere una torre d’avorio. L’altra strada deve portare al lavoro sui ricavi, che non dovranno diminuire eccessivamente in questa fase difficile e che potrebbero ricevere manforte da incentivi pubblici aventi il fine di migliorare, ad esempio, le infrastrutture. Non dovranno essere utilizzati, nell’eventualità, solo per sostenere la spesa corrente. Questa è la sfida che attende la Serie B”.

Il taglio degli stipendi di cui hai parlato occupa copertine e pagine nelle ultime settimane. Date le posizioni avanzate con fermezza da una parte dei calciatori, in particolar modo quelli delle categorie inferiori, è realmente ipotizzabile una ridiscussione degli ingaggi in una prospettiva che vada oltre i due/tre mesi di cui si parla?

“Il tema è diverso se analizzato per ogni serie. Per cominciare, circa i 2/3 dei calciatori attualmente in Serie C potranno beneficiare del regime di Cassa Integrazione dato che percepiscono ingaggi lordi non superiori a 50000 euro. D’altro canto la Serie B è una terra di mezzo dove hai stipendi importanti ma non ai livelli della Serie A. Si sta entrando in una dimensione di straordinarietà, che non riguarderà solo questi mesi e questa stagione, come tutti si ostinano a pensare, ma impatterà anche sulla prossima per tanti motivi. I calciatori di Serie B potrebbero pensare di appuntarsi al petto la medaglia di atleti retribuiti bene ma non ai livelli della massima serie e impossibilitati nel sacrificarsi in misura ingente, ma è pur vero che qualche sacrificio andrà fatto, altrimenti rischieranno di non ottenere questi stipendi e, in aggiunta, di perdere il posto di lavoro, dato che alcune società potrebbero non essere in grado di reggere un simile e peso per poi sparire. Il sacrificio, dunque, dovrà essere comune e portato avanti in un’ottica di solidarietà di sistema. I rapporti di lavoro sono personali, ma è ipotizzabile un discorso con cui viene stabilito che al taglio di oggi corrispondano maggiori premi in futuro all’ottenimento determinati risultati. Nel mentre sarà importante dare ossigeno ai club attraverso un taglio al costo del lavoro che sia proporzionale alla sospensione dell’attività, per poi capire, in base alla contrazione dei ricavi che ci sarà per effetto del Covid-19, quale sia la giusta ipotesi di rinegoziazione al ribasso, ad esempio del 10/15%, potendo magari imputare ciò che viene meno alla parte variabile, oppure prevedendo dei premi più ampi in caso di raggiungimento di particolari obiettivi”.

Per concludere, vorrei toccare un’interessante considerazione avanzata quest’oggi da Ernesto Paolillo. Il rischio che la gente si allontani dal calcio è concreto e potrebbe riflettersi nella riluttanza ad andare allo stadio, magari per paura di assembramenti, oppure perché il prezzo del biglietto non viene più considerato congeniale all’evento o, ancora, per un semplice distacco dettato dalla percezione che non debba essere un argomento centrale come in Italia è sempre stato. Sembra prematuro, ma cosa bisognerà fare per ridare il calcio alla gente?

“Lavorare con l’obiettivo di creare un sentimento di empatia con chi sta soffrendo, evitando di apparire come un mondo a parte che pensa esclusivamente a meri interessi economici. Il calcio deve dimostrare di essere attento alla salute e agli aspetti umani. La propria pancia non è la priorità. Condivido ciò che ha paventato Paolillo. Certi atteggiamenti di alcuni calciatori e presidenti non hanno aiutato in queste settimane a creare l’empatia di cui parlo. Ci sarà, poi, un problema pratico e psicologico nel riportare la gente allo stadio e lì bisognerà inventarsi qualcosa, dato che non abbiamo una data a seguito della quale tornerà la normalità, per la quale bisognerà attendere, ammesso che si palesi nuovamente nelle nostre vite come l’abbiamo conosciuta. Deve essere avviato un nuovo percorso di avvicinamento delle persone al calcio e allo stadio, ergo mi aspetto questa attitudine da parte delle società e, in generale, del mondo del calcio, altrimenti sarà davvero complicato uscirne”.

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