ESCLUSIVA PSB – Venezia, Mazzocchi: “Possiamo fare grandi cose, ma dobbiamo restare umili”
MAZZOCCHI VENEZIA – Una fetta ancora oggi corposa dell’opinione pubblica tende a gerarchizzare gli uomini in base al contesto sociale di provenienza. Pare, a detta di questi poveri spiriti, che le possibilità siano limitate da una presunta Spada di Damocle ribattezzata “casa”. Non è retorica quella appena esplicata ma una tendenza che in Italia, checché […]
MAZZOCCHI VENEZIA – Una fetta ancora oggi corposa dell’opinione pubblica tende a gerarchizzare gli uomini in base al contesto sociale di provenienza. Pare, a detta di questi poveri spiriti, che le possibilità siano limitate da una presunta Spada di Damocle ribattezzata “casa”. Non è retorica quella appena esplicata ma una tendenza che in Italia, checché se ne dica, è ancora presente e capillare in differenti forme e luoghi. Napoli e i suoi figli, sotto quest’aspetto, hanno un vissuto complicato, e il calcio rappresenta un’armatura da indossare contro chi non è in grado di realizzare l’inesistenza di alcun bipede senziente in grado di tranciare sogni, ambizione oppure un semplice desiderio. Ci sono esempi di chi ce l’ha fatta e ha permesso a zone non considerate sulla mappa del mondo di ribadire la propria presenza. Pasquale Mazzocchi nasce e parte da Barra, quartiere dell’area orientale di Napoli associato a un grigiore che il laterale classe ’95 del Venezia, intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, cerca costantemente di colorare di positività. Questo e altri i temi trattati.
Il Venezia è una delle compagini che sta maggiormente convincendo in questo inizio di stagione. Come state vivendo questa dinamica dove il lavoro con un nuovo tecnico non ha temuto periodi di adattamento ma ha subito portato identità e risultati?
“Stiamo vivendo questo momento con grande serenità, il mister ci fa stare bene e sta creando un gruppo forte e compatto. Cerchiamo di dare il massimo in ogni allenamento, ed è chiaro che mostrare una simile applicazione e dedizione in settimana poi ti porta a rendere al meglio in partita. Bisogna però fare attenzione: vincere qualche incontro non deve assolutamente generare la cognizione di essere dei fenomeni. Dobbiamo restare umili, altrimenti faticheremo”.
Com’è cambiata, se è cambiata, la percezione delle vostre possibilità dopo un simile avvio?
“Il discorso è quello che ho appena toccato: stanno arrivando buoni risultati, ma non dobbiamo cadere nel tranello di ritenere di essere diventati dei fenomeni. La nostra è una squadra che, approcciando alle partite con lucidità, potrà fare qualcosa di importante, ma faremo un campionato al ribasso se inizieremo a fare i presuntuosi”.
Sei uno dei nuovi arrivati ma, riprendendo il concetto espresso inizialmente, la sensazione è che tu abbia prontamente trovato le condizioni di esprimerti al meglio dato il costante coinvolgimento che hai nell’economia della manovra della squadra.
“Su questo punto devo ringraziare in primis il mister che, da quando sono arrivato, sta cercando di farmi sentire importante per la squadra e la società. La sicurezza che mostro in campo è anche merito suo, spero di continuare così, in modo da dargli ulteriori soddisfazioni”.
Quali corde sta toccando Zanetti per richiedere la partecipazione che mostrate gara dopo gara?
“Il mister ci tiene costantemente sul pezzo, richiede attenzione e cerca di tirare fuori la cattiveria agonistica che ognuno di noi ha dentro di sé, perché è del parere che, affrontando con un simile approccio ogni partita, potremo fare molto bene nel corso del campionato. La Serie B è così, richiede dedizione e sacrificio sia nel breve che nel lungo periodo, quindi il tecnico sta cercando di portare avanti questo modus operandi”.
Su internet sono disponibili video dove un giovanissimo Pasquale Mazzocchi diverte e si diverte con la propria guida nel mondo, il pallone. Quelle immagini restituiscono spensieratezza, passione, allegria e dicono tanto senza parlare. Quanto incide quella componente nella tua odierna struttura tecnica e attitudinale?
“Ogni volta che vado in campo cerco di far uscire fuori il bambino che ero e che traboccava di passione per il calcio. Nascere a Napoli, in particolar modo in determinati quartieri, implica una volontà quasi congenita di diventare un calciatore. Da quei primi calci, fino a 6 anni fa, sognavo di diventare un grande attaccante, poi per altri motivi sono stato spostato più indietro, ma questo non ha comportato la perdita di passione per questo sport. Ho continuato a credere in me stesso e, giorno dopo giorno, sto ancora cercando di migliorare. Ogni bambino ha una certa considerazione di sé che, con il passare degli anni, deve necessariamente essere confrontata con la realtà e con i colleghi che incontri: ogni fattispecie, come dicevo, non deve inficiare l’amore e la passione verso il calcio. Questo discorso si avvicina un po’ a quello che mi dice mister Zanetti, ovvero di essere un attaccante aggiunto: quando mi viene chiesto ciò, cerco di prendere il Pasquale bambino e portarlo in campo con me”.
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