Frosinone, Nesta: “Il compito di un allenatore è far scattare la scintilla. Se volevo una vita tranquilla, restavo a Miami”
NESTA FROSINONE – Intervista fiume quella di Alessandro Nesta, tecnico del Frosinone, ai microfoni di DAZN. Il campione del Mondo 2006 ha toccato diversi temi. Ecco le sue parole: «Ci sono nato con la pressione. Quando giocavo, se prendevo sotto al 5 dicevano che ero finito, che avevo mal di schiena. L’incertezza, l’adrenalina, la pressione, […]
NESTA FROSINONE – Intervista fiume quella di Alessandro Nesta, tecnico del Frosinone, ai microfoni di DAZN. Il campione del Mondo 2006 ha toccato diversi temi. Ecco le sue parole:
«Ci sono nato con la pressione. Quando giocavo, se prendevo sotto al 5 dicevano che ero finito, che avevo mal di schiena. L’incertezza, l’adrenalina, la pressione, la competizione fanno parte del nostro lavoro e sono tutte queste. Se volevo una vita tranquilla, restavo a casa, a Miami, coi miei figli. Sono venuto qua e mi sono rimesso in gioco. Meglio la vita da giocatore ovviamente, meno rotture di scatole. Hai solo due ore al giorno, l’allenatore tutto il giorno. Ci sono tanti casini da risolvere ogni secondo. Fare l’allenatore ti dà motivazioni nuove. Il Frosinone è una squadra forte. Viene da una retrocessione che definirei un po’ triste. Dobbiamo eliminare tutte le scorie di quella retrocessione, perché sarebbe un peccato non sfruttare in pieno il potenziale di questa squadra. L’allenatore da solo non può far niente, deve scegliere i cavalli giusti. Io faccio sempre l’esempio di Rino Gattuso, che magari non era un fenomeno con i piedi, ma era uno che faceva scattare la scintilla. Quando l’allenamento si abbassava, lui dava due, tre scarpate e si riaccendeva. Non era mai un giorno banale. Non era Pirlo con i piedi, ma aveva un’energia enorme. Io voglio un giocatore così. Io allenerei Gattuso, magari adesso no perché è ingrassato (ride ndr). Di quel Milan ora siamo tutti allenatori. Ho sentito Oddo, Pippo, Rino. Adesso arriverà anche Pirlo a fare l’allenatore. Tanti di quel gruppo o in generale di grandi squadre scelgono questa strada, perché manca l’adrenalina, il pullman che va allo stadio, quei momenti. E’ una droga, la ricerchi costantemente. L’idea è raggiungere l’obiettivo attraverso il gioco. Ma la cosa più importante è trasmettere mentalità. Ricordo il Mondiale del 2006 dove sentivamo che quella scintilla era scattata. Se scatta, hai grandi possibilità di raggiungere l’obiettivo. In merito ai vari allenatori che hai avuto, cosa prenderesti da ciascuno di essi? Da Zoff il suo carisma silenzioso, regole e disciplina. Di Zeman, il lavoro incessante. Di Eriksson la calma infinita. Di Zaccheroni la tattica. Di Ancelotti la dote paterna e l’intelligenza non comune. Di Allegri la capacità gestionale. Di Lippi la personalità impressionante: è un uomo vero. I difensori di ieri costavano di meno perché ce n’erano di più, oggi sono più rari. Io faccio il tifo per Thiago Silva. L’ho avuto come compagno di squadra. E’ un giocatore esplosivo, Dio gli ha dato un grande talento. Oltre a lui tra i primi metto Sergio Ramos. Le nuove regole sui falli di mano non mi piacciono. Le regole bisogne farle in condivisione con chi ha giocato. Bisognerebbe valutare al momento qualsiasi situazione. Ormai appena tocchi è rigore. De Rossi? Non è mai banale. Ha fatto benissimo ad andare al Boca. Ognuno di noi ha una carriera centrale e per il finale sceglie il proprio sogno. Il mio era quello di andare negli USA. Il suo quello di giocare in Argentina. L’ho visto a Trigoria, prima che decidesse, ma ripeto, è un grande Daniele, mai banale».