Pisa, Lucca si racconta: “Non pensavo di diventare calciatore, poi sono cresciuto. Studio Ibrahimovic e provo ad imitarlo”
PISA LUCCA CALCIATORE IBRAHIMOVIC – Lorenzo Lucca, centravanti del Pisa, ha concesso una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport. Il classe 2000 è una delle rivelazioni di questo inizio di campionato, avendo segnato 6 gol in 7 presenze. Infatti, il capocannoniere della categoria cadetta è entrato nei radar dei grandi club di A e […]
PISA LUCCA CALCIATORE IBRAHIMOVIC – Lorenzo Lucca, centravanti del Pisa, ha concesso una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport. Il classe 2000 è una delle rivelazioni di questo inizio di campionato, avendo segnato 6 gol in 7 presenze. Infatti, il capocannoniere della categoria cadetta è entrato nei radar dei grandi club di A e di Roberto Mancini, commissario tecnico della nazionale italiana.
Ecco le sue parole:
Lucca, perché solo adesso ci stiamo accorgendo di lei, anche se è ancora molto giovane? “Perché, come mi disse Alessandro Malagrinò, l’allenatore che a un certo punto mi portò nei Dilettanti, dovevo fare un passo indietro per farne poi tre in avanti. Sono maturato fisicamente e mentalmente solo negli ultimi anni. Prima ero parecchio più basso e non pensavo che sarei diventato davvero un calciatore”.
Sei gol nelle prime sette giornate di campionato: al di là delle sue qualità, il Pisa gioca per lei? “No. Al Pisa tutti giocano per tutti. Pensiamo come squadra, non come singoli. Sono stato convintissimo fin da subito di venire qua, perché mi avevano detto che c’era un gruppo di giocatori unito, nello spogliatoio prima ancora che in campo. Certo che mister D’Angelo, col suo calcio, mi aiuta: succede che in una partita non si creino tante occasioni, quindi devi essere bravo a procurartele tu, come sono riuscito a fare io sabato
scorso contro la Reggina, riuscendo a conquistarmi un rigore. Ma diciamo che, in genere, il Pisa riesce sempre a creare qualche occasione in più degli avversari”.
Sulle differenze tra C e B: “Di sicuro in B la cifra tecnica è più alta. Atleticamente non c’è tanta differenza, a cambiare è soprattutto la velocità di pensiero e, di conseguenza, delle
giocate. Questo non vuol dire che la Serie B sia complessivamente più difficile: in C gli spazi sono più stretti e volano calcioni appena ti giri verso la porta. Per me era molto più complicato, eppure nella passata stagione ho segnato 14 gol. E sarebbero stati di più se non avessi preso il Covid. Ora però ho più spazi per giocare. Posso girare per il campo, andare dove voglio”.
Sulla Serie A: “Non è detto: in A, negli ultimi 25 metri di campo fino alla porta avversaria, devi essere forte forte per giocare».
I suoi modelli da bambino: “Papà mi riempiva di videocassette di grandi centravanti: Ibrahimovic e Trezeguet soprattutto”.
Oggi chi sono i tre più forti? “Ancora Ibra, per me il più forte in assoluto nella storia del calcio, almeno per quelli che visto io. Poi metto Dzeko e Lewandowski… Anzi no, Haaland è meglio”.
Su Ibra: “Sono alto come lui, anche un po’ di più, quindi cerco di imitarlo. Ne studio i movimenti, le giocate, e provo a ripeterli. Come Zlatan, anch’io sono agile e bravo in acrobazia nonostante la statura”.
Su Dzeko: “Perché anche lui è alto-alto, ma stiloso. Bravo coi piedi, forte di testa, sa far giocare bene i compagni d’attacco. È più di un semplice realizzatore”.
E Haaland? “Lui non ha la tecnica degli altri due, ma è più veloce. Negli spazi larghi diventa davvero devastante. Quando è spalle alla porta, si gira e parte, non lo tieni più”.
Sulle sue qualità: “Quando ho il difensore attaccato alle spalle, so come aggirarlo. So difendere bene la palla. Credo di avere una buona tecnica, anche se non basta mai”.
Un difetto? “Devo imparare a stare sempre in partita. Ogni tanto mi distraggo, non mi arriva la palla e mi spengo”.