9 Marzo 2019

Pochesci: “Ci sono tanti talenti senza carriera e tante carriere senza talento”

POCHESCI – Mister Sandro Pochesci è intervenuto con la sua solita incisività ai nostri microfoni per regalarci un nuovo episodio della rubrica “La Voce del Mister”. Tanti i temi toccati, molti dei quali valicano i confini del campionato di Serie B. La cadetteria è del resto uno degli ingranaggi che costituiscono il nostro sistema e le sue falle possono portare alla […]

POCHESCI – Mister Sandro Pochesci è intervenuto con la sua solita incisività ai nostri microfoni per regalarci un nuovo episodio della rubrica “La Voce del Mister”. Tanti i temi toccati, molti dei quali valicano i confini del campionato di Serie B. La cadetteria è del resto uno degli ingranaggi che costituiscono il nostro sistema e le sue falle possono portare alla luce le crepe dell’intero meccanismo. Di queste, oltre che di calcio giocato, il tecnico parla da mesi nella speranza che le persone prendano consapevolezza di ciò che non funziona e che si inizi a lavorare a una svolta radicale.

 

Cominciamo da Foggia: dopo le ultime indiscrezioni sulle difficoltà societarie, quanto sarà difficile per una squadra che ha già dei problemi a livello tecnico preparare il derby col Lecce?

“In queste dinamiche l’unica possibilità è quella di isolarsi e in ciò dovrà essere bravo Padalino col suo staff. Al di là di ciò che si sente, io spero sempre che le cose possano aggiustarsi e che si stia montando un caso su basi poco fondate. Nonostante tutto, però, il derby è una partita a sé e proprio per questo il Foggia potrebbe anche trovare delle motivazioni extra proprio nel momento più complesso.”

Il Lecce arriva invece a questa partita dopo 2 sconfitte nelle ultime 3. La squadra, tuttavia, ha dato segnali più che positivi anche quando ha perso, soprattutto a Palermo. Secondo lei prevarrà la consapevolezza di quanto fatto di buono o si subirà il contraccolpo psicologico per i punti persi?

“Il Lecce ha ancora una classifica eccellente e penso che tutti debbano esserne soddisfatti. La loro stagione è al di sopra delle aspettative, ma l’appetito vien mangiando. La sconfitta di Palermo ha dimostrato una volta di più il ridotto gap tecnico tra una neopromossa e un organico costruito per vincere il campionato. Sono sicuro e convinto che saranno la mina vagante del torneo fino alle fine, poiché esprimono un calcio che gli permette di giocarsela a viso aperto con ogni avversario.”

In leggera flessione è anche il Brescia e questo apre il campo a un’analisi. Spesso negli scorsi mesi abbiamo decantato la scelta di puntare su una rosa corta, ma di alto livello. Ora che diverse pedine sono mancate contemporaneamente, però, il gruppo ha faticato a sopperire alla loro assenza, Dov’è la verità in questo discorso?

“Quando perdi Donnarumma Torregrossa, perdi elementi che fanno la differenza: è innegabile. Io continuo a preferire la rosa corta, perché favorisce l’amalgama e permette ai calciatori di imparare a conoscersi a memoria. Non credo che il turn-over porti grandi benefici, perché uno spogliatoio pieno è più complicato da gestire. L’Empoli lo scorso anno aveva lo stesso tipo di impianto, ma la vera differenza la fecero gli acquisti di gennaio. A Brescia questo non è accaduto, perché i nuovi non sono riusciti a dare il ricambio sperato e ora la squadra appare un po’ sulle gambe e poco brillante. La panchina resta composta da gente di alto livello e sono certo sarà maggiormente sfruttata da ora in poi. Una flessione, comunque, nell’arco della stagione è fisiologica: l’importante è che la si superi presto per preparare la volata promozione.”

Il campionato è aperto e imprevedibile non solo davanti, ma anche in fondo alla classifica. Il Crotone, ad esempio, pur vincendo poco si sta lentamente risollevando. Ritiene che Stroppa abbia le carte in regola per portare i pitagorici fuori dalla zona play-out?

“Quando retrocedi parti coi favori del pronostico, ma in realtà è tutt’altro che semplice. Se hai un obiettivo e ti ritrovi a lottare per un altro nella testa dei calciatori scattano strani meccanismi, difficili da contrastare. Ci sono gruppi adatti a campionati di vertice e altri adatti a combattere in fondo alla graduatoria. Tutti ritengono che dopo la vittoria col Palermo si debba ritenere un passo falso il pari di Padova, invece i miglioramenti dei ragazzi si vedono di settimana in settimana. Anche nella sconfitta di Brescia si era notata una prestazione importante e sono convinto che i valori del gruppo alla lunga possano emergere e garantire la salvezza. La mano di Stroppa sta facendo la differenza in positivo. C’è, però, un altro discorso da fare. Se loro escono fuori e lo fa anche il Livorno, chi è che rischia la retrocessione? Gli amaranto di Breda hanno trovato la quadra perfetta grazie al loro mister e sono sospinti da un pubblico straordinario e un giocatore di classe cristallina come Diamanti. La vittoria sul Benevento è il sigillo che mancava, che restituisce i punti e la fiducia sottratti da sfortuna e direzioni arbitrali discutibili.”

Il discorso a cui ha accennato è ricco di interesse e la domanda gliela pongo in maniera ancora più esplicita: se Livorno e Crotone si salvano, quanto rischiano Venezia e Cremonese?

“Il Venezia non ha mandato via un allenatore scarso, anzi. Zenga nel girone di andata fece punti importantissimi contro squadre decisamente superiori. Per me rischia tantissimo, così come la Cremonese, ma fatico a considerare già salvo anche il Cosenza. Permettimi di dire che, per la breve esperienza che ho maturato, so che adesso inizia un altro campionato in cui le motivazioni fanno tutta la differenza del mondo. Chi si sarebbe mai immaginato 4-5 giornate fa scenari del genere? Eppure è accaduto. Quando ci sono allenatori giovani gettiamo la croce su di loro, quando poi anche quelli esperti falliscono restiamo senza parole. Con l’esperienza si portano certezze negli spogliatoi e si spronano i ragazzi: ora vedremo cosa Cosmi saprà dare ai lagunari. Questa dinamica però la si è già vista un girone fa, quindi occhio a pensare che basti essere navigati. Il calcio sta cambiando, la mentalità sta cambiando. L’Ajax può imporre la propria idea di calcio al “Bernabeu” e umiliare il Real Madrid, la stessa cosa può fare l’Atalanta contro qualsiasi avversario.”

Vuole forse dire che oggi le idee contano più dell’esperienza? Questo è il vero cambiamento in atto?

“Io dico che nel calcio bisogna essere determinati, ma questo stato d’animo conta solo se supportato da idee. Se affronti una squadra superiore devi proporre qualcosa di diverso per vincere. A volte, poi, c’è bisogno della famosa scintilla: magari prepari tutto al meglio, ma se non arrivano i punti o il tuo bomber non si sblocca la stagione non cambia volto. Le idee devono favorire la motivazione, ma oltre a questi due fattori c’è un terzo, sempre più determinante perché sempre più carente: la serenità. In anche quest’anno tanti calciatori scendono in campo senza sapere se tra qualche mese il club in cui militano esisterà ancora o senza certezza di ricevere gli stipendi e così diventa molto difficile.”

Lei si aspettava da parte di Venezia e Cremonese questo tipo di scelte per la panchina? La stupisce più l’esonero di Zenga o la conferma di Rastelli?

“Per me c’era più bisogno di una scossa a Cremona e mi aspettavo il ritorno di Mandorlini. Secondo me a Venezia ha messo pressione la vittoria del Livorno di lunedì, perché quando si ha paura di retrocedere si fa di tutto per invertire la rotta e si può mettere in discussione anche la figura di Zenga. La Cremonese a me da almeno 4 domeniche sembra però ancora più piatta: la squadra dà la sensazione di non reagire e per questo pensavo sarebbe arrivato l’esonero di Rastelli. Se il gruppo non gira a marzo ha più senso cacciare il mister che il DS: quello che immagino è che il tecnico a colloquio con la società abbia fatto intendere di non sentirsi responsabile. Il fallimento del progetto tecnico, al di là delle colpe, è sotto gli occhi di tutti. Il calendario ora è davvero tremendo, non mi sarei atteso che avrebbero perso anche con l’Ascoli, che avevo visto molto male con la Salernitana.”

Vivarini è del resto un altro allenatore che non sta mantenendo le promesse e il suo Ascoli ha una classifica al di sotto del proprio potenziale. Concorda?

“Lì non si sono resi conto che per i soldi che stanno spendendo il campionato è davvero mediocre. Pagare tanto Ciciretti per tenerlo fuori posizione e senza metterlo a suo agio è inutile. Lui deve giocare sui 16 metri e sfruttare una sovrapposizione per accentrarsi: se ci si riesce o è assist o è gol, se lo si allontana dalla porta è un calciatore normalissimo. Non ha l’esplosività per incidere partendo dai 25 metri. L’ho visto giocare larghissimo e isolato e addirittura prima punta, così è davvero sprecato. Vivarini lo incontrai l’anno scorso alla prima giornata e mi sembrò impaurito e timoroso, come molti altri. Dagli allenatori di Serie B mi aspettavo molto di più.”

Fu opinione diffusa lo scorso anno che la sua Ternana fosse difficilissima da affrontare…

“Io ascoltavo le loro conferenze stampa e me la ridevo sotto i baffi. Super-organizzati, tecnici, imprevedibili tatticamente, da come ci dipingevano eravamo la squadra da battere. Spesso negli spogliatoi portavo i ritagli di giornale per convincere i ragazzi della loro forza. Non dimenticherò mai le facce con cui ci guardavano Pasqual Caputo all’esordio in campionato, non conoscevano quasi nessuno, ma dopo quella partita tutto cambiò. Guardando negli occhi a 5 metri i miei rivali in panchina e vedendoli imbambolati mi sono convinto ancora di più di una cosa: esistono tante carriere senza talento, e tanti talenti senza carriera. Questo ho imparato nella mia esperienza dalla Prima Categoria alla B. Sai quanti allenatori più preparati ci sono nelle serie inferiori? Magari non si sanno vendere, non sono impattanti mediaticamente, non hanno la fiducia in loro stessi necessaria per andare oltre certi confini. Io ho la fortuna di risultare un personaggio, ma sono così di natura: lo sfogo sulla Nazionale lo facevo da anni, ma prima mi ascoltavano in 50 e lo scorso anno sono arrivato a 10 milioni di persone. Quando parli non pensi al contesto, eppure è quello a cambiare ogni cosa. La mia più grande difficoltà non fu studiare gli avversari e preparare la partita, ma convincere i ragazzi del mio 3-3-1-3 durante il ritiro. Loro si sentivano più deboli e istintivamente volevano coprirsi e io senza poter ricorrere alla pratica dovevo far capire loro che se i 3 attaccanti restavano alti i nostri avversari si sarebbero difesi in 5. Se difetti di qualità non puoi ripartire, perché ci vogliono i fenomeni in mezzo al campo per coprire lunghe distanze. Il lancio lungo serve alle squadre forti, in cui le giocate del singolo possono sparigliare la situazione in ogni momento. Noi dovevamo compensare col palleggio, con passaggi corti e precisi: soltanto così potevamo sfruttare la qualità di Tremolada Montalto negli ultimi metri. Quando arrivò De Canio disse che i ragazzi non correvano e lo dedusse dalla loro incapacità di arrivare sulle seconde palle, ma non aveva senso per noi giocare su quelle. I centrocampisti erano allenati a venire incontro ai difensori e non a buttarsi negli spazi per intercettare le sponde, non si può chiedere a un gruppo quello che non possiede.”

La lotta salvezza, molto combattuta sul campo, potrebbe essere di fatto neutralizzata in estate dalle sentenze dei tribunali. Cosa dobbiamo aspettarci?

“Il presidente Balata intende bloccare i ripescaggi e per me è giusto: bisogna portare agli ultimi posti della classifica chi non è in regola e premiare chi, pur sbagliando a livello tecnico, onora economicamente il campionato di Serie B. Io però ti dico di più, chi sta nell’ambiente sa bene che ci sono ancora altre piazze che hanno diversi debiti e scarsa liquidità. Fare calcio in Italia è sempre più difficile. Anche quest’anno le retrocessioni dipenderanno molto più da questioni extra-campo che dai punti in classifica. L’importante è che in estate si cambino i regolamenti e si fermi questa piaga che in cadetteria è evidente, ma in è desolante. Ci sono partite di ritorno giocate prima di quelle d’andata, a livello psicologico si sta davvero falsando la competizione. Se ora viene escluso anche il Cuneo come si gestisce la graduatoria? Dopo il fallimento del Matera cosa si è fatto? Come si comporta la Federazione? Ci vogliono norme chiare anche su questo.”

Non voglio scalfire la sua fiducia, ma è notizia di questi giorni che l’ex presidente del Matera si sia preso il Trapani. Gli organi di vigilanza dove sono? Come si comportano di fronte a tutto ciò?

“Bravo, è questo il punto. Com’è possibile che un presidente vada a Matera e non lo salvi e poi vada a prendere un’altra società in difficoltà? La Federazione e la Covisoc dove sono? Esistono delle regole di trasparenza, non si possono permettere certi giri di soldi. Ho sentito cose assurde sui bonifici ai calciatori, si aggirerebbero i controlli con la compiacenza dei tesserati: sono cose fuori dal mondo. Dobbiamo ritornare a sistemi più limpidi, per me le società potrebbero anche restare 60 se cambiassero le normative.”

Ma ci sono oggi 60 proprietà pronte a gestire i club di Serie C?

“No, ma non ci sono neanche 19 società in grado di sostenere di tasca propria i costi della B. Lì, tuttavia, vige un altro sistema, che è quello dei diritti TV. Coi 4-5 milioni che si intascano in questa maniera e una gestione oculata si possono giocare i campionati senza quasi mettere un euro. In Serie C manca questo tipo di entrata e lo scenario diviene insostenibile. Non si può pensare di guadagnare solo con le valorizzazioni dei giovani, perché le grandi squadre non pagheranno mai abbastanza. Per far ritornare la categoria ai fasti del passato serve una grossa mano dal punto di vista fiscale. I contratti in non possono costare come quelli delle serie superiori. Inventiamoci quello che ci pare, ma cambiamo l’aliquota e aiutiamo i presidenti. Ci vorrebbero le agevolazioni che hanno i dilettanti pur tenendo lo status del professionismo, altrimenti il meccanismo è destinato al collasso. Un’altra via è quella dell’America, ossia innalzare pesantemente le cifre delle fidejussioni per evitare crack in corsa. Un’ipotesi del genere uccide, però, la competizione e la magia: il bello del calcio sta nel fatto che con pochi soldi e tante idee si possono ottenere risultati enormi. Magari per tenere il numero di 60 iscritte ci si può aiutare con le squadre B, ma andrebbero ratificati criteri precisi. Una Juventus infarcita di stranieri e Over 30 toglie ogni senso all’operazione. I bianconeri hanno usato questa opportunità al solo fine di sistemare i tesserati in eccesso, i quali piuttosto che pensare alla propria crescita hanno preferito restare alla base, sperando nell’amichevole del giovedì con Cristiano Ronaldo. Se si allarga il discorso alla penso che ci vorrebbe una nuova C2, però con lo status dei dilettanti: una sorta di D Elite. Mi spiego: tante società si sono trovate in senza mezzi e strutture per onorarla e puntualmente hanno capitolato. Se invece le vincenti dei gironi potessero trovarsi in una categoria intermedia, per la cui partecipazione sarebbe necessario lavorare alle modifiche obbligatorie per accedere al professionismo, si darebbe tempo e modo a piccole realtà di crescere e svilupparsi.”

 

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