Protocollo FIGC, GdS: “Le richieste dei medici”
RESPONSABILITA’ MEDICI PROTOCOLLO – Il protocollo FIGC ha suscitato non poche proteste tra le Leghe, specie per quanto riguarda il tema responsabilità civile e penale del medico. Il Covid-19 è considerato una malattia sul lavoro, quindi medici sociali e club sono teoricamente responsabili in caso di positività di un giocatore. L’Inail, però, ieri ha alleggerito […]
RESPONSABILITA’ MEDICI PROTOCOLLO – Il protocollo FIGC ha suscitato non poche proteste tra le Leghe, specie per quanto riguarda il tema responsabilità civile e penale del medico.
Il Covid-19 è considerato una malattia sul lavoro, quindi medici sociali e club sono teoricamente responsabili in caso di positività di un giocatore. L’Inail, però, ieri ha alleggerito la posizione di tutti i datori di lavoro davanti al coronavirus: «È utile precisare che dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro». Nel caso in cui un componente della squadra prendesse il virus, il medico e la società risponderebbero solo se le responsabilità venissero «accertate attraverso la prova del dolo o della colpa». Senza volontarietà o colpa, quindi, i medici sono salvi. Scrive sempre l’Inail: «Si deve ritenere che la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro». La possibilità che vengano alzati i massimali delle assicurazioni per il risarcimento danni da responsabilità civile resta comunque. E in più non fare il ritiro preventivo da lunedì prossimo libererà i medici dal peso di controllare il gruppo squadra e adottare le misure di sicurezza per 24 ore al giorno.
In merito alla quarantena del giocatore positivo e di tutta la squadra per 14 giorni con sorveglianza attiva, per i medici l’isolamento del solo giocatore o del componente dello staff positivo al Covid-19 sarebbe la soluzione
migliore. Il ministro dello Sport Spadafora ha dato una prima apertura nella serata di ieri.
Capitolo tamponi. Per i medici resta una questione da chiarire. I tamponi, che sono a carico dei club, non devono
impattare sulla disponibilità dei reagenti «in relazione ai bisogni sanitari del Paese», come dice il protocollo. Ma la ripetizione così ravvicinata nel tempo (tamponi e test sierologici 72-96 ore prima dell’inizio degli allenamenti
collettivi, altro tampone dopo 24 ore e ancora tamponi e test dopo 7-8 giorni dal via degli allenamenti) in questa fase della pandemia, può essere un problema. Soprattutto in certe zone dell’Italia, dove la reperibilità dei reagenti per i test rimane difficoltosa. Lo riporta la Gazzetta dello Sport.