Sebastiano Esposito, colpevole di vivere un sogno
SEBASTIANO ESPOSITO VENEZIA – “Sono una parte di tutto ciò che ho trovato sulla mia strada”. Sentenziava così nel XIX secolo Alfred Tennyson, uno dei più apprezzati poeti inglesi. Un precetto di vita prima che riferimento letterario, applicabile a qualsiasi bipede senziente. Riguarda tutti, nessuno escluso. Nasciamo in una maniera e, più o meno consapevolmente, […]
SEBASTIANO ESPOSITO VENEZIA – “Sono una parte di tutto ciò che ho trovato sulla mia strada”. Sentenziava così nel XIX secolo Alfred Tennyson, uno dei più apprezzati poeti inglesi. Un precetto di vita prima che riferimento letterario, applicabile a qualsiasi bipede senziente. Riguarda tutti, nessuno escluso. Nasciamo in una maniera e, più o meno consapevolmente, modelliamo il nostro io in base alle emozioni che proviamo, conoscenze che sperimentiamo, esperienze che viviamo.
Sebastiano Esposito in questi mesi ha assimilato, e sta assimilando, questo spirito camaleontico che l’esistenza richiede. Partito dalla punta dell’iceberg, ha cominciato a immergersi in profondità per conoscersi, scoprirsi e migliorarsi. La ribalta tinta di nerazzurro ha consegnato all’opinione pubblica un enfant prodige dalle indiscusse qualità e il lieto avvenire ma, contestualmente, ha investito il giovane attaccante della perfidia del giudizio. Aitante, talentuoso, con la residenza calcistica al Meazza. Gli ingredienti preferiti dai giudicatori seriali.
La critica diventa tifo per l’opinione quando non si poggia su basi umanamente né sportivamente apprezzabili. Un calciatore può piacere o meno (che ben venga la divergenza di opinioni, altrimenti il mondo, settoriale e non, sarebbe una statica e sterile linea piatta), ma l’analisi non va condotta con il macabro intento di sminuire per il solo gusto di ridimensionare. La parentesi alla SPAL (la prima dopo il settore giovanile), dov’è emersa incompatibilità tattica con l’allenatore e probabilmente uno svilimento delle aspettative sia da parte del club che da parte del ragazzo, ha generato dubbi utilizzati come coltellate nei confronti di un giovane, utile ribadirlo, di appena 18 anni. Le luci citate nel celebre brano di Roberto Vecchioni sono state tacciate di finta luminosità, e lo stesso Sebastiano ha dovuto probabilmente, se non sicuramente, affrontare difficoltà mai trovate prima e convivere con pensieri intrisi di negatività.
Il Venezia è stato un necessario punto di rottura per ritrovare il sorriso. Un giovane deve sbagliare, perché l’errore stimola il miglioramento. Questo, doveroso precisarlo, deve accadere in un contesto che permette tale crescita, altrimenti le ombre incupiscono il mix di ambizione, perseveranza e spensieratezza che devono animare tale fase di calcio e di vita. L’ambiente arancioneroverde ha subito riservato attenzione e fiducia nei confronti del classe 2002, come dichiarato dal tecnico Paolo Zanetti: “Esposito ha il fuoco dentro”. Fuoco che non dovrà spegnersi dinanzi agli inconvenienti che ogni percorso presenta e che i soggetti miopi nella mente tramutano in tentativi di percossa emotiva.
Sotto un aspetto meramente tattico, il sistema di gioco dei lagunari “rispetta” maggiormente le caratteristiche di Seba (che, ad ogni modo, ha dimostrato di non ripudiare il sacrificio), in grado di giocare come seconda punta e un trequartista alle spalle oppure come esterno d’attacco con la libertà di svariare su tutto il fronte offensivo. Probabilmente il processo di conferimento di serenità partito dal tecnico e dalla società, con destinatario il ragazzo, ha mirato a sincretizzare il coinvolgimento nelle idee dell’allenatore e la possibilità di commettere errori senza lasciarsi travolgere dai giudizi. Una combinazione intensa e corretta per un adolescente vessato perché colpevole di aver realizzato un sogno.