Ripartire si o no? Tra la necessità di riprendere e l’incolumità dei tesserati
TESSERATI INCOLUMITA RIPARTIRE – La necessità di ripartire e di portare a termine i campionati è ormai chiara a tutti. Per far sì che ciò avvenga, però, è necessario garantire ai diretti interessati la massima sicurezza. Il quadro generale della situazione, ancora poco chiaro, fa emergere pareri contrastanti tra loro anche da parte degli esperti. Nella […]
TESSERATI INCOLUMITA RIPARTIRE – La necessità di ripartire e di portare a termine i campionati è ormai chiara a tutti. Per far sì che ciò avvenga, però, è necessario garantire ai diretti interessati la massima sicurezza. Il quadro generale della situazione, ancora poco chiaro, fa emergere pareri contrastanti tra loro anche da parte degli esperti. Nella quotidiana conferenza della Protezione Civile, Giovanni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità – come riportato da La Gazzetta dello Sport – boccia il piano immaginato dalla Federcalcio con i suoi esperti per la ripresa dell’attività: «Il calcio è uno sport di contatto quindi comporta dei rischi di trasmissione. Sento parlare di controlli da effettuare tante volte sui giocatori con test quasi quotidiani, a me sinceramente sembra un’ipotesi un po’ tirata… Se dovessi dare un parere tecnico non sarei favorevole. La mia è un’opinione personale, ma credo che il Comitato tecnico-scientifico condivida questa posizione. Poi deciderà la politica» Dalla Federcalcio filtrano invece considerazioni contrastanti: la posizione di Rezza non sarebbe sposata da diversi membri del Comitato tecnico-scientifico, primo interlocutore del governo Conte. A quanto pare, la commissione medica della FIGC, per farsi trovare pronta ad una possibile riapertura, sta già lavorando sui protocolli di sicurezza. Fra questi Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms, che su La7 a «Otto e mezzo» si esprime in modo più possibilista: «Se i giocatori vengono sottoposti a test continui sulle suscettibilità alla malattia e vengono tenuti i distanziamenti necessari, che è difficile, è un’ipotesi. Si sta cercando di valutare il rischio e quali siano gli strumenti per eliminarlo.» La polemica, ovviamente, si trasferisce anche tra i vari club, con Lotito e De Laurentis schierati in prima linea per una ripresa immediata. Netta è “l’opposizione” di Urbano Cairo, molto scettico riguardo la ripresa e d’accordo con i dubbi dello scienziato. La FIGC continua, però, ad andare avanti sotto lo slogan «Tenersi pronti in caso di luce verde». L’orizzonte è ormai noto a tutti. La sospensione degli allenamenti ha scadenza 3 maggio, non è da escludere un’ulteriore proroga, viste le drammatiche condizioni in cui ancora versano parte delle regioni del Nord-Italia. La commissione medica della FIGC, che si consulterà domani, proverà a stilare le linee guida per la fase di ripresa dei campionati. Solo successivamente verranno valutate le questioni in merito alla data di ripresa. Il tentativo di salvare la stagione non è legato alla data massima di ripartenza fissata, ufficiosamente, tra il 31 maggio e il 7 giugno. Le tempistiche potrebbero rivelarsi più lunghe. Non a caso, il presidente federale Gravina, cosciente di tutto ciò, aveva sentenziato per settembre o ottobre la fine dell’attuale stagione calcistica. Domani, come già detto, la commissione medica proverà a disegnare il percorso di ripresa. Il percorso, ovviamente, partirà dalla sanificazione di tutti i luoghi che giocatori e staff frequenteranno. L’ultimo decreto del presidente del consiglio prevede infatti questa prima manovra sui centri sportivi. La seconda fase è sicuramente lo screening. I calciatori si sottoporranno a una sorta di «nuova idoneità». Saranno effettuati test molecolari, sierologici, esami del sangue. Ma il protocollo sarà diverso per i positivi e guariti visto che c’è da valutare l’effetto dell’infezione, soprattutto sull’apparato respiratorio e cardiovascolare. Il punto cardine, con le tante complicazioni del caso, riguarda i tamponi. Per sperare in una riapertura e in un tranquillo prosieguo dell’attività, il numero di tamponi a disposizione di tutti i club dovrà essere elevatissimo. Ciò rappresenta un ostacolo. Se non si andrà verso una regolarizzazione di questo processo, vista la difficoltà di effettuare gli stessi anche su medici e infermieri, non si potrà sperare in una corretta ripresa. Il punto centrale del protocollo sarà il ritiro in un «luogo chiuso» delle squadre. Intendendo per squadre tutto il personale: tecnici, medici, fisioterapisti, magazzinieri. In pratica, le squadre come le famiglie che oggi sono dentro casa. Nessun contatto all’esterno. Nella prima fase prende sempre più quota l’ipotesi di un’abolizione degli spogliatoi. Su questo tema però, la commissione medica, non ha ancora stilato delle linee guida. Quando sarà chiaro che è la pandemia ad avere in mano il destino del mondo e non i singoli, forse si riuscirà a far maggiore chiarezza sul futuro.