15 Gennaio 2019

Cordaz: “A Crotone siamo nati per soffrire, è un posto strano ma te ne innamori. E su Walter Zenga…”

Alex Cordaz, portiere classe ‘83 e capitano del Crotone nel quale milita dal 2015 con 149 presenze all’attivo, si è raccontato ai microfoni di Dazn.   “Quando vieni qui a Crotone ti resta sempre qualcosa di particolare: è un posto strano, dove c’è tanta sofferenza e del malcontento ma è un posto che ti regala […]

Alex Cordaz, portiere classe ‘83 e capitano del Crotone nel quale milita dal 2015 con 149 presenze all’attivo, si è raccontato ai microfoni di Dazn.

 

“Quando vieni qui a Crotone ti resta sempre qualcosa di particolare: è un posto strano, dove c’è tanta sofferenza e del malcontento ma è un posto che ti regala cose strane. Io vengo da Treviso e la differenza è tantissima a livello civile e di strutture, però qua mi sono ambientato fin da subito. Ti innamori di come va la vita, è davvero difficile da spiegare. Ti innamori della quotidianità che ti dà Crotone, del mare, delle persone che ti danno una mano, del fatto che si fa fatica a far tutto. Ti innamori anche di quello e ti appassioni ed entusiasmi di più quando riesci a far qualcosa. È Crotone!”

 

Alex, nel bene e nel male, una stagione tranquilla da metà classifica tu a Crotone non riesci proprio a farla…

“No, è impossibile: siamo nati per soffrire. Quando parti con i galloni del favorito è difficile confermare le aspettative. Mi aspettavo delle difficoltà ma non così tante.”

 

In quanto interista dichiarato, dovresti esser abituato però a vivere di sofferenze e di emozioni estreme. Hai militato anche nell’Inter, un periodo e delle immagini che ti sei portato avanti per tutta la carriera. Parlaci di Recoba…

“Aver avuto la fortuna di star vicino a campioni come El Chino Recoba è stato un onore e un privilegio.”

 

C’è anche qualcosa di un po’ meno bello legato a Recoba…

“Fa parte del gioco, l’infortunio che ho avuto alla mano fa parte del pacchetto carriera. Era il giorno dopo del Trofeo Tim, avevamo giocato contro il Milan e vinto ai rigori. Il giorno dopo dovevamo fare la partitella di allenamento. Recoba è arrivato vicino, ha tirato e io l’ho preso solo che la mano ha fatto “crack”. E poi sono usciti fuori una serie di problemi con le tre operazioni, tra cui un trapianto osseo. Sono stato fermo un anno.”

 

E quella maglia con il 71 di Pantani?

“Nell’ultima vittoria che fece Pantani al Tour de France aveva il 71. I primi anni di carriera l’ho sempre preso, poi ho deciso di cambiare perché era giusto dare una svolta.”

 

Ma ogni tanto usi la maglia rosa da portiere perché legata al ciclismo?

“Avevo fatto fare la maglia rosa già a Treviso per il ciclismo e poi l’ho fatta fare anche qua quando siamo saliti in Serie A. Forse è meglio che ne faccio fare un’altra.”

 

E Walter Zenga?

“Walter Zenga è stato l’idolo della mia infanzia, sono cresciuto con il suo mito. Ho iniziato a giocare in porta perché c’era Zenga e l’anno scorso ho avuto il privilegio di lavorarci insieme. Questa è stata una cosa particolare, emozionante e gratificante. Quando le prima volte parlavamo mi faceva strano perché io sono cresciuto con il suo poster in camera. Ho un bellissimo rapporto con lui, ci sentiamo ancora. Dispiace per come sia andata l’anno scorso perché sarebbe potuta essere una bellissima storia, per l’ennesima volta.”

 

Però quando hai dovuto ispirarti a qualche idolo, non hai scelto il look di Zenga…

“No, a me piaceva un sacco Cañizares ma io facevo i capelli biondi prima che lui se li facesse. Quando da piccolo giocavo nell’Inter avevo i capelli bianchi. In nazionale mi chiesero di tingerli di nero ma io dissi di no perché se mi avevano chiamato non era stato per il colore dei capelli.”

 

Anche questa cosa di non accettare le imposizioni, pensi che avresti fatto una carriera diversa con un altro carattere?

“No, credo che alla fine ognuno ha ciò che si merita. Quello che ho fatto, ho fatto. Quello che sono adesso lo devo al mio percorso. Ho sbagliato un sacco con la mia testa ma ho recuperato con la mia stessa testa, cercando di capire perché avevo sbagliato e cercando di migliorare perché la tua vita non finisce a 40 anni quando smetti di giocare. Poi c’è un’altra vita, dura davvero, e devi essere pronto. Passi attraverso gli infortuni, passi attraverso gli errori ma ti devi far trovare pronto.”

 

Stai già preparando la tua vita dopo il calcio?

“No, non ci sto pensando. Ora come ora non riuscirei ad immaginarmi il futuro perché io vivo il calcio con talmente tanta passione che io vivo per lo spogliatoio, vivo per litigare con i miei compagni, vivo per fare pace e andare fuori a cena con loro,, vivo per fare l’allenamento. È troppo importante e gratificante sacrificare giornate per parlare e risolvere i problemi ma è troppo bello, il calcio è troppo bello!”